Questo è l'anno di Paisiello: la ricorrenza dei duecento anni dalla morte ha portato al Teatro di Corte di Palazzo Reale di Napoli la prima rappresentazione assoluta in tempi moderni di Zenobia in Palmira. Questa nuova produzione, con la regia, scene e costumi di Riccardo Canessa, gioca in superficie su proiezioni e luci esibite con sobrietà ed attenzione su di una scena mai cangiante. Non ci sono macerie e cadaveri all'apertura del secondo atto, né barlume di battaglia. Non si coglie la straordinaria abilità militare, l'orgoglio, la dignità della regina, il suo carattere graffiante ed inquieto, neanche mascherato dietro simboli esibiti. Non colpisce. Quanto il passo veloce da commedia richiesto ai cantanti non giova alla drammaticità dell'opera. L'aria "Non temere tra pochi istanti" della protagonista, testimonianza di amore e coraggio, avrebbe potuto essere cantata piano, sotto voce e da vero larghetto. Obbligati maggiormente a posizioni fisse, che tuttavia ben permettono le magie dei vocalizzi, gli interpreti sfoggiano mimica da teatro poco calibrata, che sembra non convincere per primi loro, risentendo della fragilità dell'impostazione scenica. Una carrellata di immagini, alcune anche suggestive come quadri, sebbene desse scorrevolezza al discorso, non superava la meccanicità del mezzo tecnico su cui la messinscena fa perno. Se continuiamo a vivere l'opera del Settecento così e le "vere" passioni solo in Verdi c'è qualcosa che non va.
Ma la questione, squisitamente musicologica, della grandezza di un compositore rispetto ad un altro, finisce per diventare di scarso interesse se non si esalta la genialità di Paisiello. Cioè se non si percepisce il peso, la motivazione complessiva di questa Zenobia in Palmira: con o senza la celebrazione da anniversario. Differenze e motivazioni che non sono certo nell'esotismo o nella lotta Oriente-Occidente - anche perché il contesto è tutt'altro che "arabo", neanche pre-islamico, dato che siamo in un III secolo d.c. - ma tutte in quelle raffinate arie rondeaux con eleganti melismi e nella profondità di pathos in contrapposizione alle morbidezze del canto italiano. Tutto già lì, nel 1790. Nessuna critica alla buona prova dell'orchestra, diretta da un attento Francesco Ommassini che con feconda linea interpretativa raggiunge l'apice già con il vortice del terzetto "Alme superbe e altere" al primo atto sul furibondo ritorno di Aureliano, Leonardo Cortellazzi. Adatto timbricamente, restituiva tutta la contraddittorietà dell'imperatore. Stentorea a volte Zenobia, Rossana Savoia, di fiati corti e acuti incerti - non una donna capace di far tremare l'impero romano. Cantano il ruolo Tonia Langella Arsace e Sonia Ciani Pubblia, voci da colorature facili - un plauso alla Ciani brava, fresca, ideale. La sala diventa protagonista, applaude ad ogni aria quasi come se i recitativi accompagnati non fossero altrettanto importanti. Così questa Zenobia in Palmira è sembrata un'occasione persa.
Note: Video designer Alfredo Troisi, assistente ai costumi Concetta Nappi, foto L. Romano
Interpreti: Leonardo Cortellazzi Aureliano Imperatore, Rossana Savoia Zenobia regina de' Palmireni, Tonia Langella Arsace Principe di Persia, Sonia Ciani Pubblia figlia dell'imperator Galliano, Rosa Bove Oraspe Generale de' Palmireni, Blangoj Nacoski Licinio tribuno militare, maestro al cembalo Riccardo Fiorentino
Regia: Riccardo Canessa
Scene: Riccardo Canessa
Costumi: Riccardo Canessa
Orchestra: del teatro di San Carlo
Direttore: Francesco Ommassini
Luci: Mario d'angiò