A Versailles l’Orfeo di Savall
All’Opéra Royal l’opera di Monteverdi in una ripresa dell’allestimento di Pauline Bayle per l’Opéra Comique
La cornice è quella sontuosa dell’Opéra Royal nella reggia di Versailles. La celebre toccata che apre L'Orfeo di Monteverdi è suonata dagli ottoni divisi in due gruppi sistemati nella balconata superiore della sala tutta oro e stucchi. Sul palcoscenico completamente spoglio fa ingresso la Musica con il suo Prologo alla vicenda in musica del cantore Orfeo e quindi entrano coristi e danzatori in freschi abiti estivi con mazzi di fiori con grandi petali rossi fra le braccia. Seguendo discreti movimenti di danza, lo spazio vuoto viene lentamente coperto di quei fiori rossi per suggerire la rigogliosa vegetazione delle selve dove si festeggiano le nozze di Orfeo ed Euridice fra canti e danze.
È uno spettacolo fatto di poco questo Orfeo con la regia di Pauline Bayle, le scene di Emmanuel Clolus, i costumi di Bernadette Villard e le luci di Pascal Noël, fedele in tutto al testo, alla musica e alla danza, e ripreso a distanza di tre stagioni dal debutto all’Opéra Comique nei mesi ancora molto incerti della pandemia, fra chiusure e timide riaperture, quasi come gesto per un nuovo inizio affidato al potere salvifico della musica del mitico cantore della Tracia.
È fatto di poco ma c’è tutto l’essenziale: dopo i colori della festa, la scena piomba nel nero degli inferi dove Orfeo si avventura per riportare alla luce la amata sposa perduta. Nero è Caronte e Cerbero, scomposto qui in tre danzatori dalle sinuose movenze canine, come nere sono le tuniche di tutte le creature infernali dalle teste calve come Proserpina e Plutone. A Orfeo vestito di bianco e con gli occhi bendati verrà concesso, unico fra gli umani, di riportare Euridice “al ciel superno”. Ma lui contravviene alla legge e si toglie la benda perdendo per sempre la sua sposa. La disperazione di Orfeo si consuma un cerchio di fiori davanti al fantasma di Euridice (un semplice abito bianco sospeso). Un solenne Apollo in tunica blu commosso dal suo dolore lo porta con sé in cielo dove il cantore potrà rivivere la bellezza della sua sposa nella contemplazione del sole e delle stelle.
Come già all’Opéra Comique, si ritrovano Jordi Savall, gran conoscitore di Monteverdi e di quest’opera in particolare già affrontata in numerose occasioni, e i suoi musicisti de Le Concert des Nations. Gesto quasi ieratico, quasi assorto sulla partitura, Savall restituisce un Monteverdi di grande sobrietà e nobiltà e, in questo, fedele alla volontà dell’autore di suonare il suo lavoro nel modo più semplice e corretto possibile, evitando caos e confusione offensivi per chi ascolta.
Si ritrova anche il protagonista Marc Mauillon, tenore dal timbro non gradevolissimo e dal volume non sempre in controllo, ma sicuro nell’interpretazione e nella linea di canto. Marie Théoleyre regala un soffio di freschezza a Euridice prima ancora alla Musica, cui spetta la scena finale, quasi come una morale: tutto nel mondo è musica. Drammaticamente incisive la Messaggiera di Floriane Hasler, come la Speranza e soprattutto la Proserpina di Marianne Beate Kielland. Salvo Vitale presta a Caronte e Plutone un bel timbro pieno e chiarezza nella dizione, e Furio Zanasi, a lungo Orfeo, trasmette la sua lunga esperienza di interprete ad un Apollo di pacata maturità. Bene tutti gli altri come il piccolo Coro dell’Opéra Royal che partecipa con scioltezza all’azione scenica.
Sala gremita. Caldi applausi.
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