Un labirinto di violenza e colori orchestrali

L'orchestra è protagonista nel nuovo lavoro di Harrison Birtwistle, una serie di tableaux viventi segnati da una violenza quasi rituale che rivisita il mito politico di Arianna e Teseo.

Recensione
classica
Royal Opera House (ROH) Londra
Harrison Birtwistle
03 Maggio 2008
Se quello che distingue l'opera dal music-theatre è l'uso della voce come veicolo del dramma, allora non ci sono dubbi che l'ultimo lavoro di Harrison Birtwistle sia un pezzo di music-theatre. Verrebbe quasi da dire teatro orchestrale, perché è nell'orchestra che si svolge l'azione, caratterizzata da una miriade di colori, effetti, contrasti, in un linguaggio distillato e coerente che crea tensioni e dinamiche secondo una logica essenzialmente musicale, ma che non sembra avere bisogno del palcoscenico per la propria ragione d'essere. Di fatto, quello che succede sul palcoscenico, una rivisitazione del mito di Arianna e Teseo, sembra quasi accessorio, in questo non aiutato dalla staticità epica del libretto di David Harsent, la cui turgida retorica crea dei personaggi simbolici, distaccati, bidimensionali. La scrittura vocale segue il ritmo della poesia, ed è per lo più monotona, regolare, prevedibile: i fuochi d'artificio sono riservati alla scrittura strumentale, in particolare alla ricca sezione di percussioni. La drammaturgia fa riferimento, diretto o indiretto, alla tragedia greca ed al teatro espressionista, e queste radici sono riflesse nelle scene austere di Alison Chitty e nella regia di Stephen Langridge, che trova soluzioni plausibili alla violenza richiesta da alcune scene. Il sacrificio violento di giovani vite sull'altare degli interessi politici potrebbe essere una potente metafora per i nostri giorni, ma il lavoro non sembra sviluppare questo aspetto; a detta del librettista si tratta piuttosto di uno psicodramma incentrato sull'ambiguità della natura del Minotauro, creatura imprigionata tra uomo e bestia, con cui però è difficile creare una connessione emotiva, e l'impressione finale è di aver assistito sostanzialmente ad un un esercizio intellettuale.

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