A Treviso una Butterfly nel segno dell’eleganza
L’opera pucciniana apre con successo la stagione lirica del Teatro Comunale “Mario Del Monaco” con Francesca Dotto grande protagonista
Inaugurazione in pompa magna per la stagione lirica del Teatro Comunale “Mario del Monaco” di Treviso: tappeto rosso, due carabinieri in alta uniforme a scortare l’ingresso del teatro, e un pubblico particolarmente elegante alla prima di Madama Butterfly, vista solo pochi giorni prima al Teatro Verdi di Padova e al Teatro Sociale di Rovigo, coproduttori dello spettacolo. All’insolita solennità della serata si è aggiunto anche l’Inno di Mameli, intonato dall’orchestra e cantato da molti dei presenti in sala, prima di lasciare la scena alla tragedia giapponese di Giacomo Puccini, alla cui pioggia di celebrazioni per il centenario della morte non si sono sottratti i teatri di tradizione del Veneto.
Stella della serata è il soprano trevigiano Francesca Dotto, che offre una prova di grande maturità interpretativa. La sua Butterfly, marcatamente lirica, prima ancora che sulla potenza vocale si distingue per lo scavo psicologico e la capacità di rendere la complessità del personaggio (specialmente la sua intima fragilità, che si coglie nel quasi disperato “Un bel dì vedremo”) con un gesto scenico austero e sempre incisivo. Le tiene testa soprattutto la Suzuki di Francesca Di Sauro, dotata di uno strumento vocale duttile e di rara omogeneità timbrica, oltre che una presenza scenica autorevole accanto alla protagonista, da comparsa nel primo atto a vera coprotagonista nel terzo. Più convenzionale risulta il ritratto di Pinkerton di Giorgio Berrugi, vocalmente affidabile anche se con acuti talvolta tirati e poco luminosi, mentre più definito, specie sul piano scenico, è lo Sharpless di Biagio Pizzuti, baritono dal fraseggio nobile e dal futuro promettente. Tra i ruoli minori, spicca soprattutto il Goro di Roberto Covatta per chiarezza di timbro e dizione e disinvoltura in scena, ma riusciti sono anche i camei dello Yamadori di William Corrò e della sensibile Kate Pinkerton di Aleksandra Meteleva. A loro si unisce il Coro Lirico Veneto diretto da Matteo Valbusa, che, sebbene non si distingua per compattezza, offre una prova complessivamente professionale.
In buca (e in barcaccia per i gong), l’Orchestra di Padova e del Veneto restituisce tutto il fascino degli esotismi timbrici pucciniani e lo slancio sentimentale, sotto la guida di Francesco Rosa talora eccessivamente enfatica (si veda l’Intermezzo sinfonico) quando non sbrigativa e con qualche fraseggio spigoloso, ma nel complesso attenta all’equilibrio con il palcoscenico.
Altro pregio di questa Butterfly è anche l’allestimento. Filippo Tononfirma una regia particolarmente attenta al dettaglio psicologico e poco incline agli eccessi folklorici (tranne forse nella danza dei ventagli di Alessia Gelmetti durante il coro a bocca chiusa, qui invisibile). La scenografia “con pareti a soffietto”, come tradizione impone, è sobria ed elegante nella sua essenzialità. Molto eleganti sono anche i costumi giapponesi dello stesso Tonon con Carla Galleri, che vestono la protagonista di rosso per le nozze e la morte, e di azzurro per la sua lunga attesa. Quasi come quelli delle maschere del teatro orientale sono invece quelli scelti per lo zio bonzo e Yamadori.
Sala esaurita e caldi applausi soprattutto all’indirizzo della protagonista.
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