Semplicemente Nabucco
Napoli: al San Carlo il felice debutto sul podio di Francesco Ivan Ciampa
E' ritornato dal 9 al 14 ottobre, a Napoli, Nabucco di Giuseppe Verdi. È la dodicesima volta che va in scena al San Carlo, in 170 anni, e contrafforte ideale alla prossima apertura stagionale con il Requiem, sempre di Verdi, nell'esplorazione di un'opera biblica nel testo, corale e quasi danzante nella musica. Una piramide, qualche albero, rovine che emergono dalle nuvole, cielo grigio per Gerusalemme e per Babilonia, il tutto sullo sfondo di un ciclorama in grisaglia. Poggia sulla semplicità la regia dell'opera di Verdi firmata per il San Carlo da Jean-Paul Scarpitta, in un allestimento del Teatro dell’Opera di Roma. Certo, i soldati che camminano lentamente in cerchio sfoderano il lessico gestuale del più trito melodramma, ma il resto figura benissimo e le luci, Urs Schönebaum, sono calde e magnifiche, così come i costumi in stile orientaleggiante realizzati da Maurizio Millenotti. Debuttava Francesco Ivan Ciampa, al San Carlo: in assoluto il debutto più felice tra i direttori under 40 degli ultimi dieci anni. Orchestra ben lavorata, equilibrio con il palcoscenico, tempi pensati - anche quando troppo veloci e leggeri come nell'introduzione al "Va pensiero sull'ali dorate", ma anche bel suono: timbro brunito, pastoso, pieno di ombre e malinconie, che sono le nuove combinazioni timbriche di Verdi in rispetto alla tradizione del melodramma. Anna Pirozzi, possente e voluminosa, nella parte di Abigaille, parte intimistica, giustamente, finisce l'opera forte ed incisiva. Accanto una Fenena autentica rivale, perché Carmen Topciu difende con classe il ruolo. Giovanni Meoni Nabucco, parte con il piede sbagliato poco regolare nei registri e stentoreo nel volume. Bene invece Antonello Palombi e Rafal Siwek nei ruoli di Ismaele e Zaccaria, così come Gianluca Breda il Gran Sacerdote, Antonello Ceron Abdallo e Fulvia Mastrobuono Anna, sempre saldi nella tenuta delle tipiche sezioni Verdiane polifoniche, diaboliche nell'intonazione. Il coro, benissimo, più incisivo nelle parole che nel timbro, raggiunge un'intonazione adamantina sotto la nuova guida di Gea Garatti Ansini. Alla fine, la regia sembra defilarsi, e volumi e timbri riempiono la sala, dove si applaude immancabilmente e con entusiasmo ad ogni numero.
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