Satyagraha di Glass a Gand
La nuova produzione è più un balletto che un’opera
La regia di Sidi Larbi Cherkaoui, che è innanzitutto un coreografo, ed è infatti il direttore artistico del Balletto delle Fiandre, mette al centro di tutto l’allestimento i suoi danzatori, i cantanti finendo per essere in primo piano solo in brevi momenti, come l’intenso finale lasciato al bravo tenore americano Peter Tantsits che incarna il personaggio principale di Gandhi. Uno spettacolo elegante, molto curato visivamente, belle le scene minimaliste di Henrik Ahr e i costumi dello stilista belga Jan-Jan Van Essche, tutti giocati sui morbidi toni dell’indaco, dell’ocra e dell’avorio, piacevole da vedere e anche da sentire, grazie alla direzione curata dell’Orchestra delle Fiandre da parte di Koen Kessels, un po’ meno apprezzabile come opera, con le voci che a tratti sembrano solo un’ulteriore strumento su cui fare danzare i ballerini, voci poco udibili oltretutto da alcune posizioni, quali il fondo, in cui sono piazzate da una regia che, inoltre, aiuta poco a comprendere il libretto scritto e cantato in sanscrito. E’ la seconda volta che l’Opera-Balletto delle Fiandre chiede a Sidi Larbi Cherkaoui di mettersi alla prova come regista-coreografo di un’opera, ed il risultato è lo stesso che per Pelléas et Mélisande di Debussy la scorsa stagione: la danza prende il sopravvento su quella che dovrebbe essere innanzitutto un’opera vocale ed il libretto è poco leggibile in scena. Gli stessi cantanti ed il coro sono fortemente coinvolti nelle coreografie, sopratutto con geometrici ma fluidi movimenti delle braccie, ed è una scelta funzionale all’omogeneità dello spettacolo, oltretutto i cantanti solisti si rivelano anche dotati nell’eseguire le semplici pose. Invece il coro, che nel complesso canta bene ed è di forte impatto sopratutto nei due atti finali, appare un po’ goffo a confronto dei ballerini, ma decisamente valorizzato rispetto a certe regie tradizionali che lo dispongono staticamente o come massa amorfa poco curata nell’espressività anche corporale oltre che vocale. Se Philip Glass ha lavorato all’idea di un’opera che assomiglia allo sfogliare un’album di ricordi per tratteggiare i momenti salienti della vita di Gandhi, Sidi Larbi Cherkaoui ha immaginato “una performance meditativa” dove è il movimento fluido a fare da filo conduttore alle diverse scene che risultano dunque molto omogenee, se non per le diverse disposizioni della minimalista piattaforma con tiranti o l’intervento di tavole d’ardesia che fanno da pareti e su cui anche disegnare o scrivere slogan. Tra i cantanti solisti, oltre al Gandhi di Tantsits che è considerato a ragione uno dei più bravi interpreti della musica vocale contemporanea, si è fatto notare il possente basso baritono americano Justin Hopkins nel ruolo sia di Lord Krishna che di Parsi Rustomi, e il mezzosoprano canadese Rihab Chaieb come Kasturbai, la moglie di Gandhi. Molto bravi infine tutti i ballerini di Eastman e del Royal Ballet Flanders.
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