Ruggisce con classe il Leone di Eötvös
Da Bartòk a Stravinskij, il compositore e direttore apre la Biennale Musica
Recensione
classica
La Biennale Musica lo onora del Leone d’Oro e lui la ripaga con una serata di altissimo livello. È Peter Eötvös, direttore storicamente legato a Stockhausen e all’Ensemble InterContemporain, ma anche compositore che ha sempre saputo sintetizzare con intelligenza le straordinarie esperienze creative con cui è venuto in contatto nella lunga carriera.
Complice di Eötvös la splendida Orchestra SudWestRundfunk di Baden-Baden und Freiburg, che ne ha assecondato le traiettorie con un calore e una flessibilità davvero rare.
Partenza con Bartòk, con una Tanz-Suite sfavillante e lucidissima, in cui il direttore cuce con fili preziosi una linea tutta ungherese di pratica e pensiero musicale. Parte da Bartòk anche il Concerto per due pianoforti di Eötvös, vetrina per il virtuosismo di Andreas Grau e Götz Schumacher, ma alla fine un po’ troppo laborioso a scapito dell’espressività.
Dopo la cerimonia di premiazione (il Leone d’Argento è andato ai milanesi RepertorioZero) e l’intervallo, decisamente migliore è il secondo pezzo di Eötvös, Replica per viola e orchestra, finissima interrogazione tra la viola flessuosa di Geneviève Strosser (originariamente il lavoro è stato pensato per Kim Kashkashian) e gli altri strumenti, vero gioiello di languori e riflessi sonori di cui l’esecuzione fa risaltare i dettagli più lontani.
Finale con Agon di Stravinskij, lavoro che senza l’apporto della danza per cui è stato scritto può sembrare a volte un po’ impoverito, ma che nella lettura rapida e asciutta del Leone d’Oro ha comunque suggellato un’ottima apertura di Festival. Complimenti, mr. Eötvös!
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