Printemps des Arts, Montecarlo formale e informale

Il primo weekend del festival del Principato di Monaco, da Bernstein alle Sequenze di Berio

Printemps des Arts, Montecarlo, 2018 Foto di Alain Hanel
Foto di Alain Hanel
Recensione
classica
Principato di Monaco
Printemps des Arts 2018
16 Marzo 2018 - 18 Marzo 2018

Nella serata di apertura dell’edizione 2018 del Printemps des Arts di Montecarlo si respira un’atmosfera – sicuramente rilassata – che è come un misto di formale e informale. Siamo all’Auditorium del Grimaldi Forum, lussuoso complesso polivalente costruito ai bordi del mare, a fianco della spiaggia di Larvotto: a ufficializzare l’evento, la presenza della casa regnante, con il Principe Alberto e la sorella Carolina, ossequiati dal pubblico con un caloroso applauso, ma anche numerosi giovani e scolaresche e persone di tutte le età, senza particolari ostentazioni di eleganza.

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La serata viene aperta dall’esecuzione della Sequenza per flauto solo di Luciano Berio, eseguita da un giovane flautista francese, Samuel Bricault, che mirabilmente ha saputo coniugare la nitidezza del suono con quella dei complessi disegni melodici della sequenza: un senso di continuità di una parabola espressiva fatta di scatti, slanci melodici, articolazioni virtuosistiche.

Il passaggio dal suono isolato dal flauto solo a quello della massa orchestrale, dell’Orchestre National de France, a eseguire musiche di Leonard Bernstein, non poteva essere più impattante: pezzi da virtuosismo orchestrale allo stato puro con l’Ouverture del Candide e la suite di danze tratta da West side story. Sotto l’abile bacchetta del direttore giapponese Yutaka Sado, la compagine francese ha evidenziato una notevole ricchezza di colori strumentali e la direzione, brillante ed estroversa, ha saputo articolare in maniera assai chiara tutte le articolazioni della scrittura di Bernstein: senso ritmico, respiro melodico, sonorità strumentali.

Altro scarto, di questo programma della serata  titolato Musiche americane, con il passaggio dall’atmosfera rutilante di Bernstein a quella sicuramente più introversa della Sinfonia n. 2 di Charles Ives. La conduzione dell’orchestra, ben scaldata dopo la prova precedente, ha dosato sapientemente i colori strumentali, nella direzione di una complessità di articolazioni che la partitura di Ives contiene. Sì, perché l’eclettismo della scrittura del musicista americano, qui agli esordi della scrittura sinfonica alla fine del XIX secolo, contiene spinte romantiche, cariche di senso drammatico, articolazioni e contrappunti, quindi evocazioni di temi popolari che si intersecano in un complesso gioco di effetti incrociati: materiale che non è facile dominare e la cui esecuzione rischia di far cadere l’ascolto verso  una certa pesantezza. La conduzione di Yutaka Sado ha saputo dipanare la matassa di questi elementi facendo filtrare il senso di ottimistica serenità, data anche dall’interazione di contrappunto con le atmosfere dei temi "americani" utilizzati.

Printemps des Arts, Montecarlo, 2018 Foto di Alain Hanel
Foto di Alain Hanel

Di scarto in scarto, la sera successiva si fa un’immersione nel Medioevo del trovatore Adam de la Halle, nel bellissimo scenario della basilica di Saint-Michel di Menton, non prima di una "pillola" di contemporanea con l’esecuzione alla chitarra di un criptico ed essenziale Frammento di Yan Maresz, eseguito da un giovane interprete, Nicolae-Oliver Bejan, visibilmente emozionato.

È l’ensemble Italiano Micrologus quindi a presentare il Jeu de Robin et Marion, un lavoro di Adam de la Halle, ultra citato nei manuali di storia della musica ma che raramente si ha occasione di sentire. Storia di amori con tentativi di seduzione di una candida pastorella da parte di un cavaliere, la quale resta però fedele al suo pastore; la vicenda si dipana in una vivace alternanza di canti monodici e polifonici, brani strumentali, danze, parti recitate – ragion per cui il Jeu de Robin et Marion nell’Ottocento fu considerata come la prima opéra-comique.

Nello spazio davanti all’altare della chiesa si susseguono, con una notevole vivacità, gli episodi della fiaba pastorale narrata, con gli interpreti che si alternano ai vari strumenti e al canto, con una grande varietà di colori timbrici: arpe, viella, le lunghe trombe medievali, ciaramelle, flauti doppi, dritti e traversi, cornamuse, chitarra, cembali, timpani e percussioni varie. L’effetto è assai coinvolgente sia sotto l’aspetto dello spettacolo sia musicale. Colpiscono la perizia e l’intonazione degli interpreti nei mottetti polifonici, le qualità vocali e il gusto dei protagonisti nelle parti cantate (Patrizia Bovi, Andres Montilla Acurero, Enea Sorini e Simone Sorini), e di tutto l’ensemble per la capacità di combinare varie attitudini, vocali, strumentali, attorali, con un gusto raffinato nelle polifonie e slancio "popolare" in certe danze: alcuni momenti ci hanno ricordato la pizzica salentina. Forse non avrebbe guastato una regia per coordinare meglio in una visione teatrale più unitaria l’alternarsi dei diversi quadri.

A chiudere il weekend, il Printemps des Arts propone alla domenica pomeriggio una serie di eventi, interamente contemporanei, in spazi all’aperto e nel suggestivo salone del museo oceanografico.

Apre una performance con improvvisazioni guidate, con gli allievi dell’Accademia “Ranier III”, tutti con il loro strumento affacciati alla finestra del palazzo di fronte al museo, mentre il direttore, Sébastien Boin, da un balcone di fronte dirige: tipica sonorizzazione d’ambiente, bello l’impatto visivo delle simmetrie architettoniche, con i musicisti affacciati alle numerose finestre.

Quindi si entra dentro la sala del museo, un theremin, con suoni elettronici: decisamente gustosi l’impatto e la realizzazione timbriche di Vincent Carinola, mentre un giocoliere dalla faccia triste riusciva a mimare con un’incredibile abilità e ironia, con i tipici giochi di palle circensi, gli eventi musicali che si avvicendavano.

Printemps des Arts, Montecarlo, 2018 Foto di Alain Hanel
Foto di Alain Hanel

Non è mancata la danza (Centre international de danse, Rosella Hightower, Pole supérieur de danse, Cannes-Mougins, Marseille Danse, Joëlle Donati, professeur de danse) unita alle sonorità elettroniche, mescolate ai suoni reali, di contrabbasso, cimbalon, arpa e chitarra (ensemble C Barré): suoni elettronici e reali, squarci puntillisti e lunghi pedali, ben coordinata ed efficace la coreografia, che interpretava i fatti sonori secondo una dialettica di dinamismo e staticità. Quindi ancora l’ensemble C Barré ad eseguire, con effetti e respiri di sciarriniana memoria, un brano di Frédéric Pattar, Mind Breath.

A chiudere, significativamente, From Steeples and the Mountains di Ives, qui eseguito nella stessa sala, probabilmente a causa della pioggia: ma si tratta di un brano che avrebbe sicuramente avuto un effetto migliore all’aperto, con la sua dimensione assolutamente visionaria, dove le campane tubolari e gli ottoni disegnano un vorticosa intensificazione ritmica e un crescendo, sapiente connubio di pulsazioni e risonanze fortemente evocative.

Anche in questa occasione, atmosfera rilassata con il pubblico della domenica pomeriggio, famiglie, gente nomale, curiosità: musica "strana", elettronica, effetti insoliti, performance, visti come eventi normali del paesaggio e della vita urbana di questo particolare universo che è il Principato di Monaco.

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