Pasqua di Resurrezione alla Fenice
Myung Whun-Chung torna alla Seconda Sinfonia di Gustav Mahler con i complessi del Teatro La Fenice

Con la Seconda Sinfonia in do minore “Resurrezione” di Gustav Mahler, Myung-Whun Chung torna al Teatro La Fenice e torna a un’opera cardine del sinfonismo mitteleuropeo, già affrontata con i complessi del teatro veneziano nel 2019.
Sinfonia a programma, la Seconda riprende e allarga il discorso da dove la sinfonia precedente si chiudeva, come spiegò lo stesso Mahler in un testo programmatico in seguito soppresso per non precludere un significato più ampio alla sua composizione: “Ho chiamato il primo movimento ‘Totenfeier’ (rito funebre): si tratta dell’eroe della mia Sinfonia in re maggiore che io porto alla tomba; raccolgo la sua vita in uno specchio limpido da un punto di osservazione più alto. E, al tempo stesso, si pone la grande domanda: per cosa hai vissuto? Per cosa hai sofferto? È tutto soltanto un grande scherzo atroce? ... Chiunque senta riecheggiare nella sua vita questo richiamo, deve rispondergli, e io questa risposta la do nell'ultimo movimento.”
Se nella sua precedente esecuzione e, in particolare nella “Totenfeier” del primo movimento, avevamo notato una volontà di restituire una continuità formale alla frastagliata scrittura mahleriana in equilibrio fra classicismo e modernità, in questa sua nuova lettura Chung sembra voler accentuare i contrasti attraverso scelte dinamiche che, nei rallentando spinti al limite, frantumano la trama unitaria e proiettano ombre quasi espressionistiche in quel che resta dell’organicità del sinfonismo romantico più maturo. In manera simile Chung tratta l’Andante molto moderato del secondo movimento mentre dal terzo movimento “Con movimento tranquillo e scorrevole” sembra conformarsi alle indicazioni del compositore, ritrovando una maggiore compattezza e un suono più organico che prepara alla dimensione più spirituale dell’“Urlicht” del quarto movimento con la sua fosca riflessione sulla condizione dell’uomo (“L’uomo giace nella più angosciosa miseria- L’uomo giace nel più grande tormento.”) e l’anelito al divino (“Sono venuto da Dio e a Dio voglio tornare”) e a una beatitudine futura. E infine, nell’articolato quinto movimento l’eterogeneità del materiale musicale mahleriano con l’orchestra piena, la banda fuori scena, e infine il coro e le due soliste, Chung ritrova una compattezza che esplode nel finale inondato di luce che celebra una riconciliazione e si fa portatore di un messaggio di speranza (“Risorgerai, sì, risorgerai, mio cuore, in un istante! Ciò che hai vinto ti porterà a Dio!”). Nell’approdo a una visione organica del disegno formale si compie, anche su un terreno prettamente musicale, il percorso dalle tenebre alla luce concepito da Chung, quasi che il messaggio filosofico della sinfonia mahleriana scaturisse da una materia fatta di puri suoni.
Grande prova di Chung, e grande prova dei complessi del Teatro La Fenice, a soli pochi giorni dalla monumentale Matthäus-Passion di Bach sotto la direzione di Ton Koopman. Come abbiamo notato in più occasioni, questo Mahler è l’ennesima conferma della sintonia davvero speciale col direttore coreano costruita in un decennio di lavoro insieme. L’orchestra, in particolare, mostra una grande compattezza negli archi, già dal folgorante attacco del primo movimento, una grande lucentezza negli ottoni e un raffinato cesello dei fiati: tutti segnali del livello di eccellenza di cui l’orchestra del teatro veneziano è capace sotto una guida musicalmente autorevole (e auspicabile sarebbe continuare lungo questa strada). Non meno valida è la prova del coro del teatro, che nell’ultimo movimento offre un saggio di spettro espressivo molto vasto, dalle prima battute appena sussurrate fino all’apoteosi degli ultimi versi. A tutti loro si aggiungono le ottime prove delle soliste Danbi Lee, contralto di grande espressività e qualità vocale, e Louise Alder, che aggiunge luce al radioso finale.
Esaurite entrambe le recite programmate nelle due giornate che precedono la Pasqua. Risposta entusiastica.
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