L'utopia di Kagel
Firenze: Variété. Concerto-spettacolo alla Gipsoteca di Porta Romana
La ripresa musicale settembrina a Firenze è densa di proposte, fra le quali si segnala per ricercatezza e qualità Variété, concerto spettacolo per artisti e musicisti (così titola il compositore nel 1977), ascoltato nella stupefacente Gipsoteca del Liceo Artistico di Porta Romana (fortunati studenti, a contatto con questa bellezza). Mauricio Kagel (1931-2008), compositore argentino naturalizzato in Germania, non è frequente incontrarlo nei programmi dei concerti italiani, ma è autore di fondamentale importanza per la musica del secondo Novecento, con Karlheinz Stockhausen suo collega alla Scuola di Colonia e all’Ente radiofonico della Germania (allora) occidentale. I due compositori creano e agiscono nel fervente clima di ricerca e fondazione di una Nuova Musica. Kagel si distingue per unire al post serialismo di Darmstadt, ai cui Ferienkurse fu uno degli esponenti di spicco, la sprezzatura stilistica delle sfide cageane, perseguendo la disarticolazione delle strutture tradizionali attraverso una ricerca sul ruolo dell’interprete, che viene invitato a improvvisare teatralmente secondo specifiche indicazioni in partitura, punteggiando spesso in modo iconoclasta, fra ironia e sarcasmo, una scrittura peraltro sempre sorvegliata e di sofisticata perizia tecnica e timbrica. Siamo nei territori dell’utopia e di una ricercata libertà, che noi osserviamo e soppesiamo a distanza di 50 anni anche nei suoi esiti, artisticamente risolti o irrisolti. Interessante la riproposta di Variété da parte del Gamo Ensemble in coproduzione con il Festival Musica Pura di Pordenone, con la presenza straordinaria dei due giovani nipoti del compositore nel ruolo di performer e attori-mimi. La loro azione scenica traeva spunto da giochi che facevano con il nonno Kagel d’estate nella casa di campagna nel Chianti, giochi caratterizzati da pantomime umoristiche e sketch surreali. La parte più bella però, aldilà delle intenzioni certo sovversive dell’autore, era il percorso musicale: di vivacità ed estrema originalità ritmica, con melodie da Bal Tabarin incarognite dalla strumentazione acida (il modello non poteva non essere Stravinsky), alternate a tempi larghi o tranquilli, più ispirati e sereni, su cui agiva l’improvvisazione teatrale e coreografica, marce lente, oniriche e beffarde, con tromba in sordina e colorature di vibrafono. Esecuzione sopraffina da interpreti che ben conosciamo, esperti e solidissimi: Giovanni Riccucci, Michele Bianchini, Daniele Cantafio, Nicola Tommasini, Lucia Labella Danzi, Omar Cecchi, Giulia Loperfido, con Paolo e Davide Varone Kagel. Tutto diretto con maestria e indispensabile arguzia da Eddi De Nadai. Pubblico entusiasta di appassionati.
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