Le qualità di Bonato e la bravura di Pagano

Fondazione Haydn: due giovani musicisti trionfano a Bolzano

Alessandro Bonato ed Ettore Pagano (Foto Fondazione Haydn)
Alessandro Bonato ed Ettore Pagano (Foto Fondazione Haydn)
Recensione
classica
Bolzano, Teatro Comunale
Concerto di Alessandro Bonato ed Ettore Pagano
07 Aprile 2025 - 11 Aprile 2025

La stagione sinfonica della Fondazione Haydn ha offerto un concerto, a cui abbiamo assistito l’8 aprile a Bolzano, che merita di essere ricordato perché lascia molto ben sperare nel futuro dell’interpretazione musicale. I suoi protagonisti sono il direttore d’orchestra Alessandro Bonato, di trent’anni, e il violoncellista Ettore Pagano, di ventidue. Il programma prevedeva il Notturno in re minore di Čajkovskij (trascrizione per violoncello e orchestra, dello stesso compositore, del quarto dei Six Morceaux op. 19 per pianoforte), le Variazioni su un tema rococò ancora di Čajkovskij e la Sinfonia da camera op. 110a di Šostakovič (ossia la versione per orchestra d’archi del Quartetto op. 110, realizzata da Rudolf Baršai).

Alessandro Bonato, direttore ospite dell’Orchestra Haydn (a partire dalla stagione prossima, direttore principale) alterna l’attività in sala da concerto e in teatro. Possiede le qualità di un vero direttore d’orchestra “di un tempo”, nel senso migliore dell’espressione. Ha un gesto raccolto, asciutto ed elegantissimo con cui comunica tutto quel che occorre; non si sbraccia e non salta; con piccoli tocchi fa in modo che la musica parli da sé, che la scrittura di Čajkovskij sprigioni tutto il suo incanto e quella di Šostakovič la sua ferocia. Bonato non è tra coloro che pensano che l’aggressività si ottenga con un suono volutamente brutto o sporco: è capace di un Šostakovič superaggressivo con un suono di piena, densa, classica bellezza. L’orchestra ha dimostrato in ciò un amalgama eccezionale. Lo stacco dei tempi nel terzo movimento dell’op. 110a rendeva quest’ultimo simile a un valzer allucinato. Nei movimenti di Largo, dove la musica sembra vagare in una nera caligine, ci si perdeva ad ammirare i sottili cambi di dinamica e le sfumature dei timbri degli archi. Questo è quel che accade quando un musicista che è musicista fin nelle ossa, giovane o vecchio che sia, ottiene la fiducia di un’orchestra di livello simile.

Anche per Ettore Pagano non si possono che spendere parole di elogio. Classe 2003, si è rivelato in fretta all’attenzione della critica, che gli ha da poco conferito il Premio Abbiati come miglior solista. C’è poco da dire: è di una bravura indescrivibile. La musica che cava dal suo strumento (un Ignazio Ongaro del 1777) prende una forma talmente netta che sembra di toccarla. Non sapresti dire se in lui prevalga il controllo tecnico o l’abbandono del cantante d’opera. Il fraseggio del Notturno faceva pensare a un Lenskij cantato da Merli o Caruso. Le Variazioni sembravano semplici, e si è detto tutto. I tre bis hanno definitivamente rivelato la sua natura di virtuoso autentico (con Pianissimo di Pēteris Vasks e Black Run di Svante Henryson) che con grande generosità mette il proprio virtuosismo al servizio dell’espressione (Valse sentimentale di Čajkovskij, di nuovo accompagnato dall’orchestra). Il pubblico ha ricambiato applaudendo tutti con altrettanta, meritata, generosità.

Il concerto ha debuttato il 7 aprile a Merano, e sarà l’11 a Silandro (Casa della cultura K. Schönherr). Il nostro consiglio è di correrci.

                                                                                                                       

 

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