La rivolta di Miranda
Approda anche all’Opera di Colonia il lavoro di Katie Mitchell e Cordelia Lynn, un moderno “masque” con musiche di Henry Purcell e altri, cucite insieme da Raphaël Pichon
«Sono stata esiliata. Sono stata stuprata. Sono stata una sposa bambina. E sono affogata, padre, affogata. Ma poi mi sono svegliata. E ho aperto gli occhi per la prima volta nella mia vita». È Miranda che pronuncia queste dure parole al padre Prospero durante la cerimonia funebre che celebra la morte della Miranda bambina e, allo stesso tempo, saluta la nascita di quella adulta e affrancata dal potere oppressivo del padre Prospero. È uno spettacolo durissimo e crudele quello di Miranda, che si svolge davanti a tutti i protagonisti del suo dramma umano, fra le pareti spoglie della chiesa di un villaggio del Suffolk, nella costa orientale dell’Inghilterra: il marito Ferdinand, il figlio Anthony, la nuova compagna del padre, Anna, che aspetta un figlio, e naturalmente il padre Prospero, annichilito dalle accuse della figlia.
Questo Miranda concepito da Katie Mitchell e Cordelia Lynn per la parte drammaturgica e da Raphaël Pichon per la quella musicale, non è un vero “sequel” perché di Shakespeare e del suo The Tempest non si percepisce se non un tenue legame, che passa soprattutto attraverso i nomi dei protagonisti, fortemente evocativi, soprattutto quello del duca di Milano detronizzato e della giovane figlia, tenuta a lungo all'oscuro delle sue origini e del motivo che ha costretto i due a rifugiarsi in una remota isola del Mediterraneo. Quelle che in Shakespeare erano le arti magiche di Prospero, nella rilettura femminista di Mitchell e Lynn diventano le armi di un manipolatore senza scrupoli, che non esita a usare anche la sua giovane figlia per i suoi giochi di potere, dandola in sposa giovanissima a Ferdinando, figlio di quell’Alonso re di Napoli, complice nella detronizzazione di Prospero, per riunire le due corone di Milano e di Napoli.
Tenuto a battesimo all’Opéra Comique di Parigi nel settembre 2017 e ripreso nel 2019 all’Opéra di Bordeaux e al Théâtre di Caen, coproduttori dello spettacolo, Miranda approda finalmente all’Opera di Colonia con qualche anno di ritardo a causa della pandemia. L’allestimento è lo stesso firmato da Katie Mitchell (fedelmente ripreso per gli spazi della Staatenhaus di Colonia da Eloise Lally) ma il cast è completamente rinnovato così come i complessi musicali. In uno spazio unico disegnato dalla scenografa Chloe Lamford, una chiesa-teatro di fredda e rigida geometria gelidamente illuminata da James Farncombe nella quale si muovono i personaggi vestiti di eleganti abiti nero lutto da Sussie Juhlin-Wallén, con il suo leggendario rigore stilistico e perfetto controllo tecnico Katie Mitchell firma uno spettacolo che costruisce sapientemente la crescente tensione, nonostante qualche indugio eccessivo nella cerimonia funebre che precede il “coup de théâtre” con l’apparizione di Miranda celata sotto un velo nuziale al suo proprio funerale.
Sul piano musicale, è inevitabile il rimando all’adattamento della commedia shakespeariana di John Dryden e William D’Avenant ma soprattutto alle musiche di scena composte da Henry Purcell. Sono tutte sue le musiche, e non solo quelle per The Tempest, ma anche di Matthew Locke, Orlando Gibbons e Jeremiah Clarke nella composita antologia del Seicento inglese composta da Raphaël Pichon, con suoi arrangiamenti in complicità con Miguel Henry, per questo pasticcio in forma di “masque” rivisto in chiave contemporanea. In questa ripresa non ci sono più Pichon e il suo Ensemble Pygmalion, ma i musicisti “generalisti” della Gürzenich Orchester guidati comunque da un direttore esperto di barocco come George Petrou che garantisce un risultato filologicamente accettabile (nonostante qualche problema di intonazione iniziale), grazie anche all’apporto di un solido basso continuo sostenuto dal bravo clavicembalista Fernando Aguado.
Sulla scena agisce una compagnia che si distingue particolarmente per l’aderenza al forte progetto registico, ma un po’disomogenea sul piano stilistico. Adriana Bastidas-Gamboa interpreta una Miranda emotivamente intensa, che fa esplodere la rabbia covata a lungo con grande efficacia drammatica. Alastair Miles è un Prospero molto efficace nel rendere la figura del rigido patriarca, improvvisamente svuotato della spinta vitale. Emily Hindrichs come Anna è forse la più convincente a combinare una limpida linea vocale con un toccante ritratto della donna madre, in contrasto con Miranda, che la maternità l’ha subita. Nonostante il suo personaggio sia poco risolto sul piano drammaturgico, Ed Lyon riesce comunque a dare spessore drammatico ad uno smarrito Ferdinand, l’inconsapevole sposo di Miranda per volontà del padre. Molto bene anche l’Anthony del giovanissimo Sebastian Scherer, voce bianca della Chorakademie di Dortmund. Ben disegnati anche i ruoli di contorno come il pastore officiante di John Heuzenroeder, il trio vocale delle pie donne di Ye Eun Choi, Johanna Risse e Phillipa Thomas, e calzante la presenza del Coro dell’Opera di Colonia in formazione cameristica.
Parecchi vuoti in sala alla seconda recita ma accoglienza calorosa.
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