La fantasia di Marie-Ange Nguci
Venezia: recital della pianista franco-albanese
Marie-Ange Nguci ha rapito il pubblico la scorsa sera, alle Sale Apollinee del Teatro Le Fenice, in occasione del suo recital inserito nell’ambito della stagione concertistica organizzata da Musikàmera.
Tre ci sembrano in particolare i motivi di interesse che pongono la ventiquattrenne pianista franco-albanese quale punta di diamante del pianismo del futuro.
Innanzitutto la fantasia e l’intelligenza nell’impaginazione dei programmi.
Artista colta e versatile, la Nguci sceglie le opere da proporre al pubblico intessendo un ininterrotto dialogo con la storia che non ha nulla di astratto o meramente teorico ma che pone a confronto visioni diverse su temi comuni, partendo dal ‘600 di Froberger fino alle esplorazioni ligetiane degli Etudes.
È l’interprete che poco per volta tesse i fili delle connessioni, lasciandosi guidare dalle assonanze mnestiche.
Ecco allora che proprio la rete di relazioni emerge poco per volta come la disposizione di fondo, il principio cardinale che governa le sue intuizioni.
Il pubblico viene invitato a scoprire i collegamenti tra poetiche apparentemente lontanissime e a costruire la propria personale rete di consonanze con le opere eseguite.
Proprio questo coinvolgimento creativo del pubblico rappresenta a nostro avviso il secondo motivo di interesse della capacità ermeneutica della Nguci la quale ci suggerisce di riconsiderare la definizione stessa del concetto di performance.
Una delle possibili soluzioni del programma proposto la scorsa sera parte infatti dal centro del repertorio proposto, ovvero da Une barque sur l’Océan di Ravel.
La performance, che pure si svolge nel tempo, non pare seguire una logica lineare ma onirica e il pubblico si sofferma sui continui rimandi reciproci, ricordi, intuizioni, sbalzi in avanti e indietro che collegano segretamente le opere artistiche tra loro. La sensibilità dell’ascoltatore spazia così liberamente nello spazio-tempo cogliendo le baudelairiane corrispondenze tra il mondo equoreo di Ravel, il lamento bagnato di lacrime di Automne à Varsovie di Ligeti e il pianto sommesso della Partita in la minore di Johann Jacob Froberger. Cordes à vide di Ligeti e il bis con l’Ondine raveliano confermano e siglano questo tema dell’acqua come specchio della memoria e del suono quale veicolo del rimosso.
Ma un filo segreto lega anche le ombre funebri e le ossessioni demoniache delle Variazioni su un tema di Chopin op. 22 di Rachmaninov, poste in apertura del recital, con la Sesta Sonata di Prokof’ev, cui è stata affidata la chiusura: due assi portanti del programma, a propria volta frutto di una personale reinterpretazione di generi e forme che hanno segnato la storia della musica.
Gli universiche via via con naturalezza emergono come se parlassero dagli abissi dell’inconscio prendono volto e agiscono potentemente sull’ascoltatore grazie alla straordinaria tavolozza timbrica sfoderata dalla Nguci.
E qui risiede il terzo punto di interesse della sua proposta interpretativa. A impressionare non è solo l’eleganza e la libertà del fraseggio, ma anche l’amplissima varietà dei colori, che spaziano dal pianissimo più vellutato e aereo, alle masse scolpite della Sesta di Prokof'ev per giungere fino ai timbri vitrei di l’Escalier du Diable di Ligeti.
Dove però davvero la Nguci innova è sulla densità materica del suono, ottenuta attraverso l’uso sapiente dei pedali. Lo stesso timbro può sfogliarsi in strati, vaporizzarsi o solidificarsi grazie a questa capacità di sovrapporre le armonie e di fare entrare in cortocircuito memorie esecutive ormai consolidate. È come se il ricordo dell’armonia precedente rimanesse quale resto nella successiva, in un continuo processo di trasformazione che la giovane interprete sembra essa stessa scoprire insieme al suo pubblico.
A occhi chiusi, come se fosse in uno stato di trance, la Nguci ascolta la magia creatrice del suono e le dona forma sul momento con la propria immaginazione, capace di rendere corporeo e sensibile anche il pensiero più sottile.
Caldo successo e due fuori programma tra cui la cadenza del Concerto per la mano sinistra di Ravel.
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