La famiglia Maisky

Padre e figlia in concerto a Napoli

Recensione
classica
Associazione Scarlatti Napoli
24 Febbraio 2016
Alla domanda se si preferisce il suono di una viola da gamba e clavicembalo oppure violoncello e pianoforte per le opere di J. S. Bach, il pubblico della Scarlatti ieri sera, dopo qualche esitazione, ha risposto con un lungo applauso all'esecuzione di Mischa Maisky padre e Lily figlia, della Sonata BWV 1029. Il contrappunto lineare e le imitazioni catalizzano sempre l'ascolto di questo stile barocco. Ieri, invece, e nonostante l'accordatura e la prestanza sonora dello Steinway, che certo hanno reso questa musica più brillante, a scapito forse dell'espressività degli affetti nel tocco e timbrica, il violoncello di Maisky era insieme caldo, morbido, sontuoso - un lunghissimo vibrato all'attacco da brividi dell'Adagio lo si porta con sé. Mischa Maisky, con la sua fama potrebbe entrare sempre in scena con il piglio del gigante, si sa. Non lui, musicista alla continua ricerca di un essenza sul suo strumento. Non vogliamo insistere sui segreti e sulla cifra stilistica di Maisky, è un lavoro già ben inteso, ci interessa invece la sua fantasia, la sua ricerca continua - sobria, senza enfasi, naturale. Il concerto, attesissimo in città, è stato insieme uno straordinario programma da camera ed evento per gli appassionati. L'auditorium di Castel Sant'elmo pienissimo, con pubblico più presente per passione che per mondanità. Il duo ha poi presentato Franz Schubert, nella prima parte, con l'ostica Sonata D 821, seguita nella seconda parte dalla Fantasiestücke op. 73 di Robert Schumann. Il pianoforte di Lily Maisky, chiamato a dialogare intimamente con il violoncello, non si smarrisce mai. Delicata la mano destra in fraseggi lirici sempre decantati, tenaci in Schumann, severi e più scuri che in Schubert. Ne usciva altrettanto uno Schubert virtuoso, pizzicati che ricordano la chitarra, versatile e danzante nei tre movimenti Allegro moderato, Adagio, Allegretto. Liederistico, si può osare, in appagante accompagnamento del pianoforte, ma sopratutto antiaccademico. Schumann, di volume più raccolto, breve e semplice, con sonorità cameristiche e a tinte più introspettive. Sempre chiara la struttura tripartita ABA consegnata invece in una fusa unità interpretativa dei due musicisti. Johannes Brahms, nella seconda parte, con la Sonata op. 38 approdava a un'altra dimensione. Tenuto su tempi più scattosi, in accelerando, e con accordi pesanti come macigni, tragici che solo Brahms sa creare in formazione cameristica. Scolpito il gesto virtuosistico Allegro non troppo seguito da un sontuoso secondo movimento, Allegretto quasi Minuetto. Meditativo prima, rassicurante, energico poi, i due interpreti si abbandonano alle potenzialità degli strumenti, duttili e con passo lesto in un Allegro finale contrappuntistico. Chi sa perché Lily ricordi la Argerich, poco meno, ma sì sanguigna anche lei. Bis, dall'opera Il Flauto Magico di W. A. Mozart, l'aria di Pamina, vedeva la sala tutta in piedi.

Note: Foto di Vincenzo Moccia

Interpreti: Lily Maisky pianoforte, Mischa Maisky violoncello

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Torino: inaugurazione di stagione con Le nozze di Figaro

classica

Saltata la prima per tensioni sindacali, il Teatro La Fenice inaugura la stagione con un grande Myung-Whun Chung sul podio per l’opera verdiana

classica

Jonas  di Carissimi e Vanitas  di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento