La coppia Argerich-Barenboim al debutto con i Berliner
Successo per lo straordinario concerto che ha visto per la prima volta i due grandi artisti insieme sul palco dei Berliner Philharmoniker
Non poteva che annunciarsi come un evento eccezionale il concerto che lo scorso 6 gennaio (in replica il 7 e 8) ha visto il debutto con i Berliner Philharmoniker della pianista Martha Argerich e Daniel Barenboim direttore, per la prima volta insieme sul palco della Philharmonie di Berlino. Nonostante le preoccupazioni per le condizioni di salute di Barenboim, il concerto si è finalmente tenuto anche se con un radicale cambio di programma annunciato pochi giorni prima.
Per chi sperava di poter ascoltare, probabilmente per l’ultima volta dal vivo, Martha Argerich nel Primo Concerto di Čajkovskij, si è dovuto invece “accontentare” di vederla impegnata nel Concerto di Schumann, suo cavallo di battaglia (perché la scelta del repertorio non dovrebbe essere secondaria a quella degli esecutori). Un’interpretazione musicalmente magnetica condotta con apparente disinvoltura dalla grande pianista argentina che, nonostante la fama e la statura artistica, non si stanca di ricercare anche con le prime parti dei Berliner l’intesa ideale per affrontare i momenti di natura cameristica del capolavoro di Schumann, dopo il fuoco delle battute iniziali e dei successivi passaggi virtuosistici.
In visibilio il pubblico, soprattutto nel momento in cui è stato posizionato il secondo sgabello per un inatteso fuori programma, vista la rinuncia di Barenboim ad esibirsi al pianoforte e l’annuncio che, a poche ore dall’evento, ha ufficializzato le dimissioni anche da direttore musicale alla Staatsoper. Seduti allo stesso strumento, la coppia di amici e artisti ultraottantenni hanno ringraziato il pubblico sulle note di Petit Mari, petite Femme! delizioso brano tratto dalla raccolta Jeux d'enfants di Bizet.
Contrariamente alle voci messe in circolazione sullo stato di salute del direttore, a sorpresa Daniel Barenboim è apparso in buona forma, tradito appena da un tono di voce non più squillante come un tempo o dall’impossibilità di rimanere in piedi sul podio per la durata dell’intera esibizione, condotta completamente a memoria, senza l’ausilio della partitura. E la seconda parte del concerto si è dimostrata ancor più straordinaria rispetto alla prima: pur nell’eccellenza tecnica dell’esecuzione del Concerto pianistico, in Schumann l’apporto orchestrale non ha infatti saputo raggiungere quel calore che il pianoforte di Martha Argerich infondeva a ogni occasione.
Maggior trasporto ha contraddistinto invece la seconda parte con l’esecuzione della Sinfonia n. 2 di Brahms, nel programma al posto del Concerto per Orchestra di Lutosławski, concorrendo alla riuscita di una prova entusiasmante sotto ogni punto di vista, diretta con estrema lucidità dalla prima all’ultima nota. Da sempre tutt’altro che convenzionale, il gesto di Barenboim non ha dato alcun segnale di stanchezza o debolezza. Al contrario, sta probabilmente raggiungendo un ulteriore importante traguardo in termini di maturità musicale: essenziale nei momenti di ferma concentrazione nelle parti più meditative, Barenboim non si è risparmiato nel scatenare l’orchestra lungo i passi più concitati e appasionati.
Gli infiniti cicli di applausi di un pubblico che non accennava a fermarsi sono confluiti in un simpatico siparietto in cui l’artista ha voluto omaggiare tutte le donne dell’Orchestra Filarmonica di Berlino consegnando a ciascuna un fiore, in un clima di festa e aperta riconoscenza.
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