La conferenza musicale degli insetti
Un beffardo apologo ecologico sulla cultura dell'insetto
Recensione
classica
Più che opera buffa rivisitata, parrebbe un'oratorio comico. Quindici strumentisti (fiati, tastiere, percussioni e soltanto due archi, violoncello e contrabbasso), un coro da camera a quattro voci (bravissimi anche nel pianissimo dei cicalecci) e un solista multiforme: attore, cantante, mimo, talvolta ballerino, nella persona di Antonio Albanese. Regge il tutto la partitura-pastiche di Luca Francesconi, colta, leggera, con ammiccamenti sparsi a piene mani. Da Rossini con gli scioglilingua in crescendo, alle marce funebri di New Orleans, a cenni minimalisti ai blues, a false melodie strappalacrime. Argomento di Buffa Opera è il mondo degli insetti, raccontato dallo scarafaggio Albanese, che tiene le fila trasformendosi di volta in volta in colleghi ben caratterizzati e di strano carattere. Fra una metamorfosi e l'altra brevi intermezzi orchestrali scandiscono i cambi di costume e di atmosfera. Ora Albanese diventa un'ape laboriosa, fedele al proprio dovere, che non manca di disprezzare le api sfaccendate o il motivo di quella borghesuccia di cicala suonato in modo insistente dall'orchestra. Ora diventa una farfalla che farfalleggia a passi di danza, dopo essersi a lungo annoiata nel bozzolo, e muore tristemente in scena, poi portata via da due barellieri: forse la sequenza migliore, con musica e gestualità perfettamente a braccetto. Albanese compare anche in veste di zanzara rompiballe, dal fare pretesco, accompagnata dai toni alti del violoncello e insistenti frustate delle percussioni che cercano invano di spiaccicarla. Perfino Francesconi, che dirige personalmente, è costretto a sostituire la bacchetta con una spatola nel tentativo di difendersi dalle punzecchiature. Il comico tuttofare infine diventa un ragno con bombetta e sigaro in bocca, di esemplare cattiveria e prosopopea, prima di ritornare blatta. Un po' fuori di testa questa volta, arringa il popolo degli insetti da un palco eccitandolo a prendere il potere contro l'umanità che sta distruggendo il pianetra. Al termine riprende però il suo tono lamentoso, troppo insistito a dir il vero, e rientra nell'alveo dei buoni sentimenti della coabitazione pacifica. Purché si limitino un po' gli insetticidi... Il testo di Stefano Benni ha battute godibilissime e divertiti giochi di parole, che non sempre però arrivano in sala. Un po' perché questo è il triste destino di ogni libretto, un po' perché l'atmosfera generale dello spettacolo è abbastanza plumbea, nonostante la bravura di Albanese. E nonostante le molte trovate: il comico che usa il braccio di Francesconi-direttore per aumentare e diminuire il volume dell'orchestra o che lo sostituisce di prepotenza sul podio scatenando così dissonanze insopportabili. Vero pezzo di bravura, degno di un'entré clownesca d'alta scuola, il duetto fra Albanese-ragno e lo strumentista che suona il trombone a coulisse giocando con la sordina. Un pas de deux di grande spirito. Applausi di stima, ma non del tutto convinti al termine dello spettacolo.
Note: Produzione Piccolo Teatro di Milano
Interpreti: Voce recitante Antonio Albanese
Costumi: Elisabetta Gabbioneta
Orchestra: Buffa Orchestra
Direttore: Luca Francesconi
Coro: Kammerton Vocal Ensemble
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.
classica
A Colonia l’Orlando di Händel tratta dall’Ariosto e l’Orlando di Virginia Woolf si fondono nel singolare allestimento firmato da Rafael Villalobos con Xavier Sabata protagonista