Intolleranza 1960 cinquant'anni dopo
Alla Fenice la ripresa del controverso lavoro di Nono ancora attualissimo

Recensione
classica
Torna alla Fenice dopo mezzo secolo, "Intolleranza 1960" di Luigi Nono, finalmente, come allora, in italiano, dopo che una bizzarra vicenda editoriale ne ha voluto le scarne sorti in lingua tedesca. Torna qui dove fu inscenata alla prima una sonora – e premeditata – contestazione, ma i tempi sono ovviamente cambiati e questa "nuova" prima (occasione per festeggiare anche la casa editrice Marsilio) scorre senza alcuna turbolenza e merita molti applausi.
Cosa può dirci "Intolleranza 1960" oggi? Molto, a partire dalla musica, che è ancora di grande forza espressiva (strepitose le parti corali) e che sia i cantanti che la cristallina direzione di Lothar Zagrosek hanno reso al meglio. L'orchestra viene disposta in scena – Nono non avrebbe approvato, ma molte scelte di allestimento sembrano tenere conto anche del Nono più tardo – su tre piani di una impalcatura, mentre il coro scende nella buca e la resa è notevolissima, grazie anche a queste "fasce" di suono che si rendono subito intelligibili.
Registicamente (il lavoro è collettivo, a cura degli studenti della Facoltà di Design e Arti dello IUAV) le cose sono più discutibili: stante l'impossibilità di riprendere l'allestimento originale, la scelta è asciutta e in parte efficace, ma spesso didascalica. Il forte contenuto politico di una drammaturgia già allora piuttosto frammentata avrebbe richiesto scelte molto più coraggiose o, meglio, una versione quasi oratoriale, a fare risaltare il concetto di Nono che è la musica stessa il centro dell’azione. Si è così respirata un’aria quasi di lontananza dalle istanze sociali e politiche del tempo, che invece sono ancora sorprendentemente attuali, tra alluvioni, rivolte, ingiustizie e torture. Per un evento di questo peso – comunque strepitoso – si poteva osare di più.
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