Il lago di Weill nel 2033

A Nancy presentato con successo Der Silbersee di Kurt Weill e Georg Kaiser nell’allestimento di Ersan Mondtag ripreso da Anversa

Der Silbersee (Foto Jean-Louis Fernandez)
Der Silbersee (Foto Jean-Louis Fernandez)
Recensione
classica
Nancy, Opéra national de Lorraine
Der Silbersee
14 Aprile 2024 - 20 Aprile 2024

Anno 2033. Una troupe teatrale sta provando Der Silbersee (Il lago d’argento), dramma dal contenuto sociale di Georg Kaiser con musiche di Kurt Weill. È passato un secolo da quando, a sole poche recite dal debutto in contemporanea a Lipsia e Magdeburgo il 18 febbraio 1933, il neoregime nazionalsocialista fa cancellare questo “bastardo musicale” dai cartelloni dei teatri del Reich. Un secolo dopo, con l’estrema destra in ascesa in tutta Europa, il nemico è di nuovo alle porte e la minaccia di una nuova chiusura incombe… È lo spunto dello spettacolo allestito da Ersan Mondtag già nel 2021 per l’apertura di stagione all’Opera delle Fiandre ad Anversa e ripreso in questa stagione all’Opéra national de Lorraine di Nancy con un cast quasi completamente rinnovato, a soli pochi mesi dal Silbersee allestito da Calixto Bieito per Nationaltheater di Mannheim.

Nonostante Mondtag riconosca a questo lavoro una “modernità bruciante”, la chiave scelta per questo spettacolo è quella del teatro nel teatro tendenza farsa, più o meno come nel cabaret berlinese secondo Barrie Kosky. Determinante è, come già ad Anversa, la presenza di Benny Claessens nel ruolo chiave del poliziotto Olim, che, pentito per aver ferito Severin, l’autore del furto di un ananas, ne diventa suo benefattore quando vince una favolosa vincita alla lotteria e compra il castello dei von Luber. Debordante, eccessivo, istrionico fino al parossismo, Claessens finisce per essere il vero motore dello spettacolo, grazie a un indubbio talento comico e alla formidabile versatilità (anche linguistica). Invecchiato piuttosto male, il testo di Georg Kaiser viene notevolmente snellito nell’adattamento di Till Briegleb e Piet De Volder, riproposto a Nancy nella traduzione francese di Ruth Orthmann. Dell’originale non restano che la trama e i testi dei numeri musicali proposti nel tedesco originale.

Gli spazi per l’improvvisazione, soprattutto di Claessens, sono ampi in questa sorta di rivisitazione del teatro epico alla Brecht in forma più scanzonata e irriverente e soprattutto priva di evidenti ideologismi. Più che la molla socio-politica nell’attenzione rivolta al socialmente reietto Severin dall’ex-poliziotto arricchito (del quale la generosità è indotta soprattutto dai propri sensi di colpa), è un’attrazione smaccatamente sessuale quella sfacciatamente esibita da Olim nei confronti della sua “vittima”: la relazione comincia con una fellatio e, attraverso varie crisi, si conclude con i due ridotti di nuovo in miseria probabilmente fra i flutti di quel lago, che il freddo ha fatto diventare d’argento, con Olim in tuta nera di latex e Severin vestito come un marinaretto queer di Pierre e Gilles, mano nella mano. Non si coglie più la speranza nei versi finali – “chi deve spingersi più lontano, dal lago d’argento sarà portato”. Nel 2033 non c’è più spazio per l’utopia.

La dimensione favolistica, praticamente cancellata nel testo in favore della deformazione grottesca, è invece ben presente nelle scelte dall’Ersan Mondtag scenografo, dove tutto è spinto al parossismo iconografico. I due ambienti del castello dei von Luber sono una cripta egizia con monumentali statue di icone della cultura pop e un sinistro interno neogotico, nel quale i riferimenti visivi si sprecano. Anche gli esagerati e improbabili costumi di Josa Marx pescano generosamente da un immaginario fra pop e trash, intonati con la chiave scelta per lo spettacolo.

Vitale ed eccessivo (si superano le tre ore con pausa), lo spettacolo non schiaccia la dimensione musicale, che anzi è uno dei punti di forza, anche grazie al passo brioso imposto all’Orchestra dell’Opéra national de Lorraine dalla vitale direzione musicale di Gaetano Lo Coco. Non secondario non è nemmeno l’apporto del composito cast a cominciare da Joël Terrin, che è un Séverin perfetto come ingenua vittima dell’untuosa cupidigia di Olim, Anne-Élodie Sorlin, consumata attrice per una tutt’altro che ingenua Fennimore, alla quale invece presta la voce Ava Dodd per i numeri musicali (con spassosi giochi di scambio di ruoli), Nicola Beller Carbone, una Frau von Luber forse un po’ compassata, e James Kryshak, che dopo Anversa torna a vestire i panni dell’esuberante agente della lotteria e del sinistro barone Laur spingendo decisamente su una comicità parossistica. Ben assortiti anche tutti i numerosi ruoli minori e puntuali gli interventi del coro.

Sala al completo. Molto divertimento. Caldi applausi.

 

 

 

 

 

 

 

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