Il Flauto didascalico di Vick

Mozart "all'italiana" apre il Festival allo Sferisterio di Macerata

Il Flauto Magico (Foto Tabocchini)
Il Flauto Magico (Foto Tabocchini)
Recensione
classica
Macerata, Sferisterio
Il Flauto Magico
17 Luglio 2018 - 12 Agosto 2018

Un Flauto magico particolarissimo, per la regia di Graham Vick, inaugura l’ edizione 2018 del Macerata Opera Festival. Un allestimento complesso, carico di messaggi sociali e politici, che fa discutere per gli elementi  di forte impatto scenografico e registico. Vick, che ha annunciato questo spettacolo come “un pugno nello stomaco”, ha voluto coinvolgere cento “cittadini del mondo”, persone di tutte le età, italiani ed immigrati, sistemati in due veri e propri accampamenti (con tanto di tende, ombrelloni, stendipanni, tavoli e sedie, bidoni per la spazzatura…..) ai lati del palcoscenico, che hanno agito in scena come una sorta di personaggio collettivo commentando l’azione e suggerendo pensieri e comportamenti ai protagonisti: «Una specie di coro greco- dice Vick- ma al modo di Aristofane, come elemento di disturbo … la sua partecipazione non ha niente a che fare con l’estetica, ma col significato: questa è un’opera didattica, di cui va comunicato il messaggio». Ecco quindi che il libretto, nella versione italiana -rimaneggiata per l’occasione- di Fedele D’Amico, ha subito delle interpolazioni e delle aggiunte (una per tutte: si dà voce ai i tre schiavi che accompagnano Monostato) ma anche il taglio di due numeri musicali nel secondo atto. «Mozart ha voluto scrivere un’opera per il popolo – continua Vick - Siamo in una città italiana dove accanto a una delle porte di accesso è stato eretto un edificio che serve da teatro: la popolazione andava coinvolta; prendere parte al Flauto  significa per tutti costoro, italiani e stranieri, confrontarsi ed esaminare punti di vista diversi sull’esistenza e sulla convivenza, chiedersi chi siamo, come reagiamo in circostanze contraddittorie». Sulla scena, curata insieme ai costumi da Stuart Nunn, tre simboli del potere: una banca, una basilica, una azienda del web, che crollano nel finale quando i protagonisti hanno terminato il proprio percorso iniziatico verso la luce. Percorso che si configura come un work in progress, tra transenne, striscioni gialli e neri, salvagenti, maschere antigas, divise di sicurezza, e che è coronato da fuochi d’artificio e ballo di gruppo finale (!!). Vick ha voluto anche coinvolgere il pubblico, facendolo partecipare all’esecuzione (due frasi dell’aria di Sarastro O Isis und Osiris, proposte  agli ascoltatori da Giovanni Sala –Tamino- ). Un’operazione, insomma, di grande coinvolgimento popolare, che ha trovato la sua coerenza nella colloquialità  del registro linguistico dei dialoghi parlati, ma non in quello aulico  delle traduzioni ritmiche delle arie. Nel cast vocale sono emersi Sala e Valentina Mastrangelo in Pamina, voci espressive ed adeguate per volume al grande spazio all’aperto, come anche il possente Sarastro di Antonio di Matteo; non eclatante l’Astrifiammante di Tetiana Zhuravel.  Ricondotto al simpatico dilettantismo  del primo interprete del personaggio il Papageno di Guido Loconsolo, vestito da pollo di Mac Donald, di buone capacità sceniche. La FORM- Orchestra Regionale delle Marche è stata diretta dal giovane Daniel Cohen, carriera internazionale, che ha scelto di far iniziare la sinfonia d’apertura senza il silenzio e gli applausi di rito, nascendo, anche la musica, gradualmente dal brusio del pubblico.

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