Il fiore del vagabondo
La musica di Charlie Chaplin
Recensione
classica
87 e 81 anni: non sto parlando dell'età delle mie onorevoli nonne (della quali, come educazione impone, non dirò), bensì del periodo che ci separa da due capolavori della storia del cinema quali – rispettivamente – «La febbre dell'oro» (abituiamoci ai titoli inglesi: «The Gold Rush») e «Luci della città» («City Lights») di Charlie Chaplin. Due film per i quali l'uso della preposizione semplice «di» suona felice: perché Chaplin dirige, recita e compone pure le musiche di queste due importanti pellicole. Un 'control freak', Chaplin, e sono parole di Timothy Brock, considerato uno dei massimi esperti del cinema muto, collaboratore della Cineteca Nazionale di Bologna, compositore di colonne sonore originali e rastauratore di un'ingente quantità di quelle esistenti. Chaplin era insomma uno che amava tenere tutto la sua diretta gestione, in maniera pare anche un po' dispostica. Così, quando il cinema muto viene travolto dall'invenzione del sonoro, lui ne approfitta per perfezionare la parte musicale della sua produzione per pervenire a quel (sono parole dello stesso regista) «contrappunto di delicatezza e di grazia» che è espressione del sentimento, «senza il quale l'opera d'arte è sempre incompleta». Saranno stati allora in cerca di sentimento tutti quei giovani-giovani (la ripetizione è voluta) che si sono diligentemente presentati, numerossisimi, al doppio appuntamento chapliniano di MiTo ospitato presso la nuova Aula Magna dell'Università Bocconi di Milano? Se dovessimo basarci sulla raffinata tecnologia dell'applausometro, quasi impazzito al termine della seconda serata (The Gold Rush), diremmo proprio di sì. Merito sicuramente di un'esecuzione sicura e navigata dovuta allo stesso Brock alla guida dell'Orchestra di Milano Classica. Ma merito, soprattutto, della poesia di Chaplin; una poesia che, nonostante lo soorrere del tempo, sembra ancora fragrante come quel fiore stretto fra le dita del vagabondo alla fine di una vera opera d'arte qual è City Lights.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
Saltata la prima per tensioni sindacali, il Teatro La Fenice inaugura la stagione con un grande Myung-Whun Chung sul podio per l’opera verdiana
classica
Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.