I trasformismi di Bruno Praticò
Ennesima riproposta di un piccolo gioiello d'inventiva teatrale
Recensione
classica
Tutto cominciò la sera di ferragosto 1998: doveva essere un normale concerto vocale di Bruno Praticò al Rossini Opera Festival, per quanto possa essere "normale" il concerto di un buffo, fra i maggiori istrioni che abbia il nostro palcoscenico, compilato spulciando fra i meandri della romanza da camera primottocentesca alla ricerca di testi comici, ironici e fin irriverenti. Ma in quei giorni s'aggirava a Pesaro anche Pierluigi Pizzi: quasi per ischerzo s'inventa un lazzo, un movimento registico, una serie di costumi ispirati ai singoli brani; ed ecco nascere dal nulla uno spettacolo. Il successo, complice la pianista Rosetta Cucchi che prende parte attiva alla messinscena, è tale che la performance (presentata spesso sotto il titolo allusivo di "Vizi d'arte") comincia a girare di piazza in piazza, richiesta fin a New York, allargando di volta in volta o restringendo il programma, secondo le necessità del momento. Scelto ora quale tradizionale concerto di gala offerto ai suoi sostenitori dal "Bologna Festival" (manifestazione ventennale specializzata nel raccogliere i migliori pacchetti concertistici che girano l'Europa, ma spintasi sotto la recente direzione di Mario Messinis anche verso il settore più periferico dell'opera lirica, da Maderna a Vivaldi), lo spettacolo ha trovato suggestiva ambientazione nelle sale di Palazzo Albergati, una splendida villa settecentesca alle porte della città. Pubblico dapprima composto, mentre gli viene fatto credere di essere di fronte a un normale concerto di canto (apre "La visita della Morte", scritta dalla grande Maria Malibran); poi sempre più incredulo, man mano che la comicità dei testi e la goliardia dell'esecutore rendono evidente la realtà della situazione (e sono i vari pezzi di Donizetti). Ma è vero sollazzo generale quando comincia l'inattesa passerella dei travestimenti legati ai brani di Rossini: una suora per la "Ave Maria su due note", cui basta togliere il copricapo e girare lo scapolare per trasformarsi in un bambinone d'asilo sin troppo cresciuto che canta "La chanson du bébé". Sotto il suo grembiolone nero si nasconde tuttavia un abbigliamento da Jessica Rabbit, con tanto di lunghissima chioma ramata e guanti neri fino al gomito: l'ilarità giunge al suo vertice sulle note di "L'amour à Pekin" e dei brani che seguono. Nemmeno i bis programmati deludono le aspettative, culminando nella "Canzonetta spagnuola" per la quale è già pronto un ultimo abito in stile. La gestualità e la mimica facciale fanno il resto, per il divertimento di tutti.
Note: Concerto riservato agli sponsor ed ai soci di Bologna Festival
Interpreti: Bruno Praticò - Baritono; Rosetta Cucchi - Pianoforte
Costumi: Pierluigi Pizzi
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