Non è opera che funziona, I Masnadieri. Colpa certamente di un libretto, di Andrea Maffei, di scarsa drammaturgia; ma neppure la musica, sia pur di Giuseppe Verdi, riesce a trovare un respiro efficace. Al Teatro Massimo di Palermo è andata in scena, in prima mondiale, la nuova edizione critica a cura di Roberta Montemorra Marvin, della University of Chicago Press e di Casa Ricordi; ma il risultato finale non è cambiato affatto. Lo sforzo è stato lodevole, sin dall'idea di affidare costumi, scene e regia a Pier'Alli; il quale, esaltando un senso di vertigine che coinvolge i protagonisti del melodramma e li precipita sino alla tragedia finale, ha ideato sette pedane mobili ad inclinazione variabile che, con attrezzeria minimalista, ricrea, grazie anche a proiezioni di immagini elaborate al computer, un clima onirico e notturno. C'è tutto il Pier'Alli ben noto, che procede per frammenti di cornici, schegge di specchi, tagli sghembi e fondali mobili, ma che a tratti sembra perdere la sua coerenza narrativa (si passa dalla poltrona rossa, dall'ampio tendaggio, dalle panche e dai boccali del primo atto via via a scene sempre più visionarie, come l'incendio tra gli affreschi che richiamano la pittura di Fuessli). In questo impianto stridono i costumi, volutamente oscillanti dal tardo Settecento a certi impermeabili anni Quaranta, ed una regia che se insiste (soprattutto negli interventi del coro) su una gestualità astratta, spesso fa i conti con una staticità di tradizione. Sul podio, Reynald Giovaninetti avrebbe dovuto far tesoro di quanto, nel '72, suggerì Gavazzeni in un suo memorabile saggio su I Masnadieri, quando sottolineava la necessità di trovar la rabbia che scaturisce dai conflitti d'animo e dagli eventi che generano ingiustizia, potere, efferatezza, sacrificio, amore anche nei materiali sonori verdiani. Il direttore invece ha condotto questi Masnadieri con polso debole, slabbrando e allentando la tensione, e spesso badando più al suono che al suo valore teatrale. Cast maschile di buona resa, con particolare menzione per il Massimiliano di Andrea Papi; l'Amalia di Dimitra Theodossiou funziona solo nei cantabili (in cui sfoggia eterei pianissimi), ma mostra le sue crepe nelle agilità (la cabaletta Carlo vive è stata resa perigliosamente, con una brutta variazione nella ripresa, e senza nessuno dei trilli). Pubblico pigro, successo tiepido.
Note: nuovo all. Prima esecuzione dell'Edizione Critica edita da Chicago University Press e Casa Ricordi Milano
Interpreti: Papi/Rigosa, Ventre/Ivanov, Servile/Inverardi, Theodossiou/Raspagliosi, Candia, Buffoli/Crispi, Di Cristoforo, Scalavino
Regia: Pier'Alli
Scene: Pier'Alli
Costumi: Pier'Alli
Orchestra: Orchestra del Teatro Massimo
Direttore: Reynald Giovaninetti
Coro: Coro del Teatro Massimo
Maestro Coro: Franco Monego