Giocarsi la vita con Turandot

Grande successo per l’opera pucciniana allestita da Gianluca Falaschi allo Staatstheater di Mainz con la direzione di Francesco Cilluffo e Julja Vasiljeva ottima protagonista

Turandot (foto Andreas Etter)
Turandot (foto Andreas Etter)
Recensione
classica
Mainz, Staatstheater (Großes Haus)
Turandot
17 Maggio 2025 - 27 Dicembre 2025

Al casinò si perde sempre. Al casinò di Turandot, oltre ai soldi, ci si rimette anche la vita. I “loser” sono appesi a un gancio di macellaio, fatti a pezzi e infine affidati alle cure culinarie dei tre sinistri cuochi in paillette Ping, Pang e Pong. Le cineserie sono solo un involucro posticcio in questa nuova Turandot firmata per regia, scene e costumi da Gianluca Falaschi per lo Staatstheater di Mainz. Siamo infatti a Chinatown, nella una bisca clandestina di un anziano boss della Triade su sedia a rotelle, dove si va per provare emozioni estreme. Le regole del gioco le decide la spietata Turandot, che mostra il volto coperto di biacca e la chioma fulva (quasi un clown crudele) solo quando arriva una nuova sfida. Calaf la sfida e lei si toglie il grande cappello a paralume e si prepara al gioco davanti a un tavolo verde. 

Spoglia di tutte le fastose cineserie d’ordinanza Falaschi per trasportarci fra insegne luminose e lustrini di una sala da gioco, dove l’oro (vero) è solo nella scritta dipinta sul muro e la posta in gioco è la vita, e si entra attirati dal richiamo meccanico di tre enormi “maneki neko” più che dalla speranza di far soldi. Della favola non resta che il gioco feroce che Calaf sospende solo per poco, prima di cedere, davanti ai cadaveri di Liù e del padre Timur, all’inesorabile destino riservato a tutti coloro che sfidano Turandot. Anche Calaf è a suo modo sconfitto e Turandot si allontana ridendo sprezzante. 

Con questa Turandot Falaschi realizza il suo spettacolo registicamente più maturo e coerente, tutto risolto in uno spazio unico, uno scintillante “huis clos” che cela alla vista gli orrori che si consumano dietro le quinte ma le esibisce nelle cucine di sotto, impreziosito dal sofisticato disegno luci di Ulrich Schneider. Uno spettacolo che è anche un trionfo di costumi (la mano del grande costumista, che qui collabora con Anna Missaglia, si vede tutta) fatti in gran parte di materiali scintillanti per esaltare lo splendore effimero di quell’ambiente mortifero dove Turandot, appoggiata a un bastone, veste un elegantissimo abito paillettato nero da una seduttrice fatale.

Turandot (foto Andreas Etter)
Turandot (foto Andreas Etter)

Una pari qualità si ritrova anche nella realizzazione musicale guidata da Francesco Cilluffo che sfrutta saggiamente gli spazi ridotti del teatro lavorando di fino con la Philharmonisches Staatsorchester di Mainz per esaltare al massimo le molte raffinatezze di questa estrema partitura pucciniana, fatta di dissonanze pre-espressionistiche, asimmetrie ritmiche e sonorità spettrali, evitando lodevolmente la consueta prova muscolare che umilia fin troppo spesso questa partitura. Sul palcoscenico, la grande sorpresa è Julja Vasiljeva, una Turandot che colpisce per l’adesione alla menomata fisicità richiesta dalla visione registica ma aggiunge un colore vocale e un’espressività che ne fa una sorella di Salome. Antonello Palombi è un Calaf poco eroico e molto crepuscolare: il tempo ha sottratto vigore vocale all’interprete ma gli ha donato una maggiore espressività e un fraseggio più morbido che nel passato. Meno penetranti sono invece la Liù di Julietta Aleksanyan, che comunque emerge nel finale, e il Timur piuttosto impacciato di Stephan Bootz. Molto brillante invece è il trio dei ministri/cuochi di Gabriel Rollinson (Ping), Collin André Schöning (Pang) e Mark Watson Williams (Pong), come anche il mandarino/croupier di Tim-Lukas Reuter e l’inquietante Altoum su sedia a rotelle di Patrick Hörner. Buona la prova del Coro dello Staatstheater allargato al Coro della Cattedrale di Mainz e al Coro femminile di St Quintin efficacemente partecipi all’azione scenica. 

Tutto esaurito per le recite in programma in questa stagione, già si annuncia una lunga serie di recite fino a dicembre. Applausi convinti per tutti.

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