Focus Saariaho
La compositrice finlandese si racconta a MITO
Recensione
classica
«Vorrei innanzitutto ringraziarla per le sue parole, riconoscendo un mio pregiudizio: considerando le sue origini finlandesi mi sarei aspettato più freddezza nei suoi discorsi e non tutto il calore umano che lei ha saputo donarci finora». Ho sempre pensato al momento delle domande del pubblico con orrore proprio per il rischio di sentire affermazioni di questo genere; l'imbarazzo o il gelo che percorrono gli sparuti uditorii delle conferenze mi tolgono il respiro (pensate, che so, ad un Luigi Nono che durante una conferenza si fosse sentito dire qualcosa come: "La ringrazio per averci parlato così a lungo della sua poetica musicale; pensavo che, da italiano, ci avrebbe intrattenuti solo con questioni di cucina"). Così è avvenuto all'incontro, tenutosi presso l'Istituto dei Ciechi di Milano, con la compositrice finlandese Kaija Saariaho in occasione del focus contemporaneo dell'edizione 2012 di MITO. Ci sarebbe dovuto essere anche Luis De Pablo, in cartellone insieme alla collega compositrice (li separano, oltre alla distanza geografica, diciotto anni di età) ma purtroppo assente per questioni di salute. Così Enzo Restagno ha dovuto ripercorrere sbrigativamente da solo la carriera del compositore spagnolo per potersi poi dedicare alla Saariaho; la quale, con un buon inglese dal forte accento nordico, con un tono di voce calmo e monotòno, ha risposto alle classiche domande sulla sua formazione, sulla sua ispirazione, sulle sue modalità compositive, raccontando allo sparuto uditorio di cui sopra di mente sinestetica (la musica associata a maggiori o minori quantità di luce), dell'importante rapporto con la voce umana (l'ascolto del jazz, la lezione di Luciano Berio, il teatro d'opera), dell'influenza dell'esperienza elettronica (gli anni passati in studio di registrazione), del cinema di Ingmar Bergman (dal quale trae ispirazione Laterna magica per orchestra del 2008), dell'influsso creativo della scuola stenieriana (frequentata da bambina nella sua terra natale). Un discorso lungo e articolato che tuttavia, come spesso accade, lascia l'impressione che non si sia realmente andati da nessuna parte – ammesso che una direzione ci debba essere. Per riassumere non resta dunque che affidarsi alle parole della stessa Saariaho riportate nel libretto di sala del primo dei tre concerti dedicati alla sua musica e a quella di Luis De Pablo: «Essere compositori nel nostro presente significa comporre musica personale che possa bucare la spessa coltre dell'inquinamento culturale con l'acutezza e la profondità».
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