Eleganza di Woyzeck
Recensione
classica
Ogni regia di Robert Wilson è una regia musicale, sia che si basi su un suo ritmo interiore e segreto o che metta in scena un'opera lirica del passato o che si leghi indissolubilmente a una musica nata insieme alla sua idea e per la sua idea: i suoi incontri con Tom Waits appartengono a quest'ultimo tipo. Il "Woyzeck" - ora in prima italiana al Romaeuropa Festival - è la loro terza collaborazione e il risultato è particolarmente felice, perché Waits ha acquisito negli ultimi anni un'eleganza e una leggerezza (e anche una profondità) che si integrano senza sbavature nella perfezione degli spettacoli di Wilson, ma la sua musica è rimasta graffiante, ironica, divertente, triste, sentimentale, viscerale, anche un po' istrionica, contribuendo a dare concretezza agli spettacoli di Wilson, che, a giudicare dalle ultime cose viste in Italia, in mancanza di nuovi stimoli tende a ripetere le sue formule e a cadere nel manierismo. Il loro "Woyzeck" è un esempio di teatro in cui tutti gli elementi si integrano perfettamente. Nonostante il testo sia ridotto all'osso, il dramma ottocentesco di Georg Büchner, ancora incredibilmente moderno per contenuti e drammaturgia, non subisce violente alterazioni (l'ordine e la scelta delle scene sono esattamente quelle del "Wozzeck" di Berg, con poche eccezioni). La musica ha una parte fondamentale, perché quasi tutto è cantato e quel che non è cantato è recitato ritmicamente o ha una sua particolare musicalità interna, tanto che i passaggi dalla recitazione al canto vero e proprio non sono molto marcati. Quasi ognuna delle quindici scene è conclusa dalle canzoni scritte da Waits (con la collaborazione della moglie Kathleen Brennan per i testi), sempre apertamente sarcastiche o sottilmente ironiche, anche quando la situazione è patetica o tragica: il risultato ricorda, fatte salve le ovvie differenze, il teatro epico di Brecht e Weill. Waits gioca molto con le parodie: il preludio di ambientazione circense si rifà al Kabarett tedesco tra le due guerre, la scena della seduzione è un tango, Andres e il Tamburmaggiore si trasformano in cantanti di jazz dalla voce roca, Marie e Woyzeck sognano una illusoria vita migliore nello stile zuccheroso della musical comedy di Broadway, talvolta si giunge perfino alla citazione letterale, come nella scena della balera, che riprende l'allucinato ritmo di danza dell'opera di Berg. Robert Wilson si fa contagiare dalla fantasia di Waits e produce uno spettacolo vario, mosso e colorato: lo si definirebbe volentieri il suo spettacolo più teatrale, se così non si rischiasse di far pensare a soluzioni di sicuro e facile effetto. Certamente non si era mai sentito ridire ed applaudire a scena aperta uno spettacolo del regista americano. Ma resta invariata la cifra stilistica di Wilson, fatta di rigorosa eleganza formale e perfezione tecnica. L'aspetto più immediatamente riconoscibile di tale perfezione sono le luci, che ai costumi e alle scene di colore neutro danno improvvisamente colorazioni vivacissime o acide o angosciose e che fanno diventare rossa la mano, solo la mano, di Woyzeck, nel momento in cui concepisce l'assassinio di Marie e non banalmente quando la uccide. Anche nelle sue piccole ma fondamentali modifiche al testo, Wilson resta Wilson: non rimane quasi traccia del fatto che le alterazioni del pensiero e del comportamento di Woyzeck siano causate dagli esperimenti cui è sottoposto dal Dottore, cosicché il suo dramma diventa qualcosa di universale e metafisico; l'assassinio di Marie diviene un balletto al rallentatore, tanto che gli ultimi fremiti delle sue flessuose braccia citano un classico della danza, la Morte del cigno; il suicidio finale di Woyzeck è appena alluso. Perfezione della regia significa ovviamente anche perfezione degli attori danesi (o meglio attori-cantanti-mimi) nel realizzarla in modo calibrato al millimetro ma anche con grande vitalità: i loro nomi non diranno molto al pubblico italiano, ma bisogna citare almeno Jeans Jorn Spottag (Woyzeck), Kaya Brüel (Marie), Morten Lützhoft (Andres), Tom Jensen (Tamburmaggiore). Purtroppo non si possono citare gli altrettanto bravi strumentisti, perché la locandina non ne fa cenno.
Note: produzione Betty Nansen Teatret di Copenhagen
Interpreti: Jeans Jørn Spottag, Kaya Brüel, Morten EisnerMarianne Mortensen, Ole Thestrup, Ann-Mari Max Hansen, Morten Lützhøft, Benjamin Boe Rasmussen, Tom Jensen, Jess Ingerslev, Mette Koch, Martin Ammitsbøl, Joseph Driffield, Nicolaj Darre, Phillip Døssing, Bent Larsen, Siska Methe Katrine Rasmussen
Regia: Robert Wilson
Scene: Robert Wilson
Costumi: Jacques Reynaud
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento
classica
Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.