Portato in palmo di mano, lodato innanzitempo con troppa generosità, Gustavo Dudamel sul podio del Don Giovanni delude molte aspettative. Non s'è mai sentita l'orchestra della Scala implodere in buca a quel modo: pur se energico, il suono resta impastato, senza trasparenza né leggerezze. L'esecuzione finisce quindi per essere tutto sommato noiosa, plumbeo come un metronomo per esempio il duetto "Là ci darem la mano", i recitativi spesso slabbrati, con pesanti vuoti.
L'allestimento merita invece un altro racconto. Il regista Peter Mussbach (sovrintendente dell'Opera di Berlino) imposta il tutto attorno a due grandi parallelogrammi neri che si muovono, si dividono, convergono, ma cosoni neri restano, monotoni e senza idee. Delle quali invece è ahimé ricchissimo Leporello. Più che di volgarità però andrebbero tacciate di becerismo culturale; una per tutte (dedicata ai benpensanti), Leporello che infila un dito nella vagina di Donna Elvira e poi si succhia il dito. Più consenziente di lei è Donn'Anna che monta esplicitamente Don Giovanni dopo il tentativo di stupro, riproponendo polverosi stereotipi sul proprio personaggio. Don Giovanni invece, con l'immancabile palandrana nera ma con la variante del torso nudo con bretelle, viene spogliato anche di eroicità. E' un semplice gaglioffo che merita la fine che fa, ad opera di un Commendatore molto simile a quei mimi immobili e dipinti di biacca che s'incontrano per strada. Tranne quando nel finale, invece di afferrare la mano del protagonista, si rimette a tirar di scherma con lui. A dire il vero, non c'è battuta del libretto che coincida col gesto o l'oggetto scenico relativo. Anche se con questo si volesse per caso dimostrare che tutto è finzione, capirai la novità, fa male vedere Don Giovanni che dopo aver ordinato "versa il vino" beve a canna o Leporello che invece di "un pezzo di fagiano" addenta un enorme gigot. Infastidisce perché la coscia di fagiano sta al servo ladro come la lancia sta a Wotan, certi simboli andrebbero rispettati e non sostituiti da quelli privati del regista. Altra trovata è il ventaglio di Don Ottavio. L'infelice lo maneggia di continuo, straniandosi così in una sorta di Rasputin gay, tanto che quando canta "Dalla sua pace" non risulta più plausibile. Quanto alla Vespa sulla quale scorazza Donna Elvira, in fondo è il male minore.
"Vendetta ti chiedo" verrebbe comunque voglia di dire, ma a chi?
PS: Queste note sono state scritte dopo aver assistito alla prova generale del 9 settembre col secondo cast e ascoltato per radio la prima del 10 settembre con il primo cast. Nel secondo cast è da segnalare la buona prova della coppia Don Giovanni e Leporello di Erwin Schrott e Alex Esposito, anche nel sostenere il gioco scenico; corretto Jeremy Ovenden in veste di Don Ottavio. Del primo cast segnaliamo il Don Giovanni di Carlos Alvarez, interprete dalla lunga esperienza e dal timbro scuro, meno agile ci è parso il Leporello di Ildebrando D'Arcangelo; Carmela Remigio è a proprio agio come Donn'Anna, nonostante l'esilità di voce. Annette Dash, in veste di Donna Elvira in entrambe le serate (anche la sera della prima ha sostituito Monica Bacelli), non è giudicabile in quanto indisposta, anche se la sua intonazione lascia spesso a desiderare. Alla prima applausi generalizzati per i cantanti, quanche fischio a Dudamel, cassato nettamente il regista a suon di buu.
Interpreti: Don Giovanni: Carlos Alvarez / Erwin Schrott; Commendatore: Attila Jun / Ernesto Panariello; Donna Anna: Carmela Remigio / Anna Samuil; Don Ottavio: Francesco Meli / Jeremy Ovenden; Donna Elvira: Monica Bacelli / Annette Dash; Leporello: Ildebrando D'Arcangelo / Alex Esposito; Zerlina: Veronica Cangemi / Sylvia Schwartz; Masetto: Alex Esposito / Francesco Verna
Regia: Peter Mussbach
Scene: Peter Mussbach
Costumi: Andrea Schmidt-Futterer
Direttore: Gustavo Dudamel
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