Dal romanzo futurista all'opera metafisica

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Recensione
classica
Opéra National de Paris Parigi
Pascal Dusapin
24 Febbraio 2003
A quarantotto anni Pascal Dusapin ha al suo attivo più di settanta lavori (tutti pubblicati da Salabert) nei generi più vari, di cui quattro opere teatrali: "Roméo et Juliette" (1989), "La Melancholia" (1991), "Medeamaterial" (1992) e "To Be Sung" (1992-93) ricavato da Gertrude Stein. Attualmente egli è il compositore francese più eseguito. Spirito colto, eclettico, esigente, assetato di letture molto differenziate, Dusapin sceglie accuratamente i testi (antichi o contemporanei) delle opere vocali che egli mette in musica, dedicando importanza primordiale al rapporto che la sua musica stabilisce con il significato e la sonorità delle parole, alla relazione che si forma entro il timbro dello strumento e della voce, cantata, parlata, sussurrata, la quale, a poco a poco, scoppia in una risata, strilla e sospira. Abitualmente è questa l'idea che porta Dusapin a scegliere un testo. Questa volta è il bizzarro romanzo "Il Codice di Perelà", scritto nel 1911 dal fiorentino Aldo Palazzeschi che ha appassionato e avvinto addirittura totalmente Dusapin per la sua stranezza, tanto da proporlo all'Opéra Bastille in occasione di questa nuova commissione. Libera fantasia poetica, favola meravigliosa, farsa burlesca, opera buffa, quest'opera ermetica e impegnata non si lascia facilmente interpretare. Pubblicato sotto gli auspici di Marinetti, "Il Codice di Perelà" aderisce al futurismo attraverso l'irrealismo, l'allegoria e l'esoterismo in cui s'intinge il romanzo, ma la dolcezza e la mansuetudine che caratterizzano quest'opera sono proprie di Palazzeschi, che considerava tale libro come il punto culminante della sua immaginazione, il suo capolavoro narrativo. "Il Codice di Perelà" è la storia di un uomo di fumo capitato in una città immaginaria, accolto con interesse e ammirazione dai suoi abitanti, e incaricato persino di comporre un misterioso 'codice' che innovi e regoli il costume. Alla fine, malgrado il sostegno della Marchesa di Bellonda, innamorata di Perelà, egli viene accusato, processato e condannato come impostore. Dusapin ha conservato la lingua italiana di cui ama la musicalità, ma, per necessità drammaturgiche, i diciassette capitoli del romanzo sono stati ridotti a dieci e i numerosi personaggi che costellano l'originario romanzo sono stati contratti a cinque protagonisti: due cantanti interpretano da tre a quattro personaggi differenti, cosa che obbliga il compositore a molte, interessanti trasformazioni musicali. Simbolo di leggerezza, di forza, di ironia trionfante, Perelà si sottrae dalle catene che imprigionano l'essere umano e l'artista, così come accade con la degradazione dell'esistenza nel mondo capitalista. Per caratterizzare questo essere irreale, Dusapin ha scelto la voce di un tenore (l'inglese John Graham-Hall), capace di fornire al tempo stesso suoni gravi e di salire a quelli più acuti. Di quest'uomo leggero, evanescente e pressoché inesistente (alla maniera di Calvino), quasi muto, Dusapin ha voluto farne un essere straordinario, animato più dai fantasmi che i personaggi proiettano su di lui che per la propria esistenza. Questo è il motore della magnifica messinscena e scenografia (meravigliosa, grottesca, ai margini di una follia alla Jérôme Bosch esaltata dai sontuosi e onirici costumi) a cui il compositore ha lavorato in stretta unione, come egli è solito fare per ciascuna delle sue creazioni, con il tedesco Peter Mussbach. Si può pensare a un romanzo 'cristico' (Perelà a trentatre anni). I personaggi che incontrano l'uomo di fumo rammentano coloro che attorniavano Cristo all'epoca della sua salita al Calvario. Al levare del sipario, un falso canto gregoriano immerge gli spettatori in un'atmosfera musicale tutta mistica. Il mezzosoprano francese Nora Gubisch interpreta splendidamente la Marchesa di Bellonda. Il mostruoso Arcivescovo è incarnato dal contratenore francese Dominique Visse, famoso nell'universo dell'opera barocca. Il Choeur Accentus è diretto dalla talentuosa Laurence Equilbey (che ha già partecipato sia all'esecuzione del "Requiem[s]" che alla creazione francese di "Medeamaterial" di Dusapin). Dusapin si diverte, tra un tempo e l'altro, a inserire un episodio musicale illustrativo o aneddotico (come la fanfara che anima il Ballo del 4 capitolo) e qualche suono elettronico che si insinua nell'insieme suggerisce il vento, gradevole e tranquillo. Per quest'opera metafisica, il compositore ha cercato soprattutto di creare una fusione letteraria e musicale ideale, confacente al suo spirito d'artista, 'innamorato' al tempo stesso della parola e del suono. Prediletta da Dusapin, l'orchestra (con i suoi timbri ricercati e l'immissione di strumenti rari), impeccabilmente guidato dalla bacchetta dell'americano James Conlon, direttore d'orchestra stabile all'Opéra di Parigi, onnipresente durante tutto lo svolgersi dell'opera, è la voce stessa di Perelà. Accusato dallo Stato e dalla Chiesa per la sua leggerezza, allorché ci si appresta a chiuderlo in un sepolcro, Perelà svanisce in un fumo bianco, avvolto in un volo di uccelli, e ritorna al suo mondo leggero, leggero. Vivacissimi applausi del pubblico ci strappano infine dal sogno per riportarci alla realtà quotidiana nonché all'ambiente notturno, fragoroso e frenetico della Piazza della Bastille.

Note: Creazione mondiale, commissione dell'ONP; coproduzione coll'Opéra National de Montpellier

Interpreti: Graham-Hall, Mahé, Gubisch, Huijpen, Wilde, Shin, Perraud, Courjal, Reinhart, Visse

Regia: Peter Mussbach

Scene: Erich Wonder

Costumi: Andrea Schmidt-Futterer

Orchestra: Orchestra dell'Opéra National de Paris

Direttore: James Conlon

Coro: Solisti del Coro Accentus

Maestro Coro: Laurence Equilbey

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