A Liegi La Traviata nel cabaret
Non convince l’allestimento di Thaddeus Strassberger
Nuova produzione della Traviata per aprire la stagione 24/25 dell’Opéra Royal de Wallonie-Liège alla presenza della regina Mathilde del Belgio. La regia è stata affidata al regista statunitense Thaddeus Strassberger che l’ha voluta spettacolare, non si è certo risparmiato in strass e piume, ambientando la storia non più nel raffinato, ma falso e ipocrita, mondo di una demi-mondaine, ma in un teatro di cabaret ed esplicitando i sottintesi sessuali della realtà del mestiere di Violetta. L’ambiente è quello disinibito ed un po’ volgare di certi spettacoli notturni parigini, le scene sono dello stesso regista, così come le luci, e sono dominate da una grande scala sullo sfondo e camerini in primo piano con i caratteristici specchi che salgono e scendono a seconda se l’azione si svolge in scena oppure dietro le quinte. L’ambizione è dunque quella di un teatro nel teatro, ma il risultato è macchinoso e pasticciato, con Violetta che pure non viene fatta morire a casa sua, ma su un letto ai piedi della scalinata del teatro dove sembra ormai morente con il grande lampadario riverso sul pavimento. Ambientazione completamente diversa per il ritiro in campagna dei due amanti, ma altrettanto stracarica, con una facciata di casetta nello sfondo, in mezzo arredi anni ‘50 con Alfredo che gioca a golf, ed una carrellata di personaggi vari a passeggio, anche dei tennisti, sul davanti della scena. E, quando viene citata da Germont padre, arriva pure la sorella di Alfredo che si mette a leggere svogliatamente una rivista nel tinello mentre si decide il tragico destino di Violetta. I costumi sono di Giuseppe Palella e disegnati per sorprendere. Si fanno notare, ad esempio, il primo della protagonista, con lunghissimo strascico stampato a fiori multicolori che diventa una specie di arazzo sulla scala, e quelli che fanno sorridere dei toreador in giarrettiera del balletto. Tutto è all’insegna dell’eccessivo, altro esempio: le banconote che Alfredo lancia con disprezzo su Violetta qui piovono come neve abbondante sulla scalinata. In una tale profusione di stimoli visivi, pure i cantanti non convincono per problematiche diverse: il soprano russo Irina Lungu interpreta una Violetta matura, con una prestazione che migliora nel terzo atto dimostrando esperienza e mestiere, la meccanicità di alcuni vocalizzi e un vibrato eccessivo cedono il passo ad un’emissione più morbida e drammaticamente coinvolgente; il tenore Dmitry Korchak, dal bel timbro ed ottime intenzioni, è però un Alfredo che spinge tanto e più che dilaniato dal dispiacere e dalla gelosia sembra invece sempre pronto per partire alla guerra; il baritono Simone Piazzola, pure dall’indubbio talento vocale, è poi un Giorgio Germont che appare nel contesto un po’ troppo ponderato, rigido e lento. Buona invece la prova del basso Luca Dall’Amico come dottor Grenvil, ruolo piccolo ma cantato con voce sonora e precisa e giusto piglio. Tra gli altri interpreti, il soprano Marion Bauwens è una giovane ma gradevole Annina, il mezzosoprano Aurore Daubrun è valorizzata nel ruolo di Flora come artista del cabaret, Francesco Pittari è Gastone, Pierre Doyen è il Barone Douphol e Samuel Namotte il Marchese d’Obigny. Il maestro Giampaolo Bisanti mostra grande attenzione al cast vocale e fa del suo meglio per far ben esprimere la musica di Verdi, buona nel complesso la prova dell’orchestra, così come del coro. All’inizio, mentre il pubblico si sistema in sala, è proposto anche un breve pre-spettacolo per ricordare il balletto “Aladino ossia la lucerna meravigliosa”, di Paolo Giorza, che fu dato il giorno della prima della Traviata alla Fenice nel 1853. Nel complesso, grande sforzo produttivo per fare una Traviata spettacolare, ma applausi finali solo tiepidi.
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