In viaggio con Schubert
Riuscito L’autre voyage all’Opéra Comique su musiche di Schubert
Un viaggio alla scoperta dei tanti brani che Schubert ha lasciato incompiuti, una proposta di percorso alla scoperta dei propri sentimenti più intimi, un’esplorazione dell’animo umano che pero’ parte dal corpo, dal finito, da una vita interrotta, da un cadavere che un medico legale inizia a esaminare. Componimenti non portati a termine come esistenze spezzate precocemente, l’idea del direttore musicale Raphaël Pichon e delle regista Silvia Costa, già collaboratrice di Romeo Castellucci, è stata dunque quella di tentare una ricucitura che è allo stesso tempo occasione di scoperta e approfondimento, costruendo con loro una storia coerente che ripercorre all’indietro il vissuto. Il medico, l’Uomo, il bravo baritono francese Stéphane Degout, si accorge presto che sul lettino dell’obitorio c’è lui stesso, è sé stesso che sta sezionando e la musica aiuta la comprensione di quello che viene alla luce, non solo sangue ed organi, ma ricordi, emozioni, gioie, stupori, sogni, aspirazioni, valori morali, illusioni, delusioni, dolori. Le composizioni di Schubert sono rispettate al massimo, sono di tutti i generi, da Lieder a opere sacre a lavori solo strumentali e a musiche di scena, pezzi per lo più incompiuti, alcuni davvero di grande bellezza e intensamente romantici, e il fatto che molte musiche non sono state finite dall’autore permette di giocare sulle necessarie orchestrazioni per dargli coerenza, gli arrangiamenti sono di Robert Percival.
L’intervento è stato invece più innovatore sui versi che sono stati abbondantemente sostituti, ma rispettando lo stile originario, con testi di Raphaëlle Blin funzionali alla storia immaginata. Sono solo quattro i protagonisti solisti: oltre l’Uomo, c’è un suo assistente medico, l’Amicizia, interpretato dal tenore inglese Laurence Kilsby; ma la prima ad apparire in scena è una donna, l’Amore, che taglia un filo rosso come una Parca ed è interpretata dal soprano australiano Siobhán Stagg; e c’è un bambino che suona, assai bene, il piano e canta con voce angelica, il bravissimo Chadi Lazreq. Ma c’è anche un quinto protagonista, il coro, che si fa ammirare già dal suggestivo pianissimo che apre lo spettacolo, è quello di Pygmalion, l’ensemble coro e orchestra fondato dallo stesso Pichon nel 2006. Presto gli si affiancano altri bambini, anche loro bravissimi, della Maîtrise Populaire de l’Opéra-Comique. Pichon guida gli artisti in un percorso assai vario, in tutto 26 pezzi per un’ora e quaranta senza intervallo, ben alterando momenti introspettivi e riflessivi, di grande delicatezza, con pagine tempestose e tumultuose.
Altrettanto varia e alternata la produzione vocale, con un Degout dal timbro maturo, carismatico, di grande fascino; Kilsby eccellente tenore romantico dal timbro invece più morbido e luminoso, molto melodioso; la Stagg invece è quasi espressionista o verista, con acuti tirati, quando deve esprimere tutto il suo dolore. Il ragazzino è suo figlio, morto prematuramente, e del dottore che scopre quindi, in effetti, di essere già morto, in parte, insieme al suo bambino e cerca di elaborare il trauma. La drammaturgia di Antonio Cuenca Ruiz è complessa ma riuscita, solo in qualche momento perde un po’ di tensione e comprensibilità come le scene che sono della stessa regista e supportate da bei apporti video curati da Laura Dondoli con l’italiana Home Movies - Archivio nazionale di Famiglia, basati su filmini privati del secondo dopoguerra. E’ una coproduzione dell’Opéra-Comique con l’Opéra di Dijon dove andrà in scena il prossimo 6 e 8 marzo.
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