Parigi, Jaroussky bravissimo al Théâtre des Champs-Elysées
Il controtenore ha presentato le Forgotten Arias del suo ultimo CD
Di solito applausi cosi lunghi si ascoltano solo alla fine di uno spettacolo, invece ogni aria cantata da Philippe Jaroussky al Théâtre des Champs-Elysées domenica scorsa è stata seguita da acclamazioni e grida di “bravo” che solo la decisione del controtenore di passare al pezzo successivo riusciva a fermare. Un Jaroussky in gran forma e al sommo della sua arte, tecnica superlativa e interpretazione sempre assai toccante, per presentare i brani registrati nel suo ultimo album pubblicato lo scorso febbraio dal titolo Forgotten arias perché si tratta di pezzi barocchi fino a questo disco praticamente dai più dimenticati. Ad accompagnarlo l’ensemble di strumenti antichi Le Concert de la Loge guidato dal violinista Julien Chauvin che ha fondato il gruppo nel 2015, tutti giovani appassionati anche loro molto bravi. Il recital si è aperto con un movimento allegro dal Demofoonte di Johann Adolf Hasse che ha dato il tono brioso della serata, gli adagi e le arie tristi incastonati in un contesto di gioia e di piaceri sottili, filo conduttore il fatto che si tratta tutte di composizioni da opere su libretto di Metastasio.
Ma se alcuni titoli sono noti, come la Clemenza di Tito oppure L’Olimpiade, la versione scelta non è la nota di Mozart o di Vivaldi, ma quella di Michelangelo Valentini nel primo caso, di Tommaso Traetta e anche di Andrea Bernasconi per L’Olimpiade. Jaroussky entra in scena con l’aria “Ma che vi fece… Sperai vicino al lido” dal Demoofonte di Hasse e sfodera da subito la sua grande musicalità, perfetto controllo del mezzo vocale con agilità coniugate a lunghi fiati, estensione e capacità di sviluppare bene il suono, di dargli volume e spessore, pur cantando di testa, note finali tenute tantissimo, come nel caso dell’aria di Sesto “Se mai spiranti sul volto” dalla Clemenza di Tito di Valentini eseguita con il suo timbro da voce d’angelo, a cui aggiungere il carisma della persona e la capacità interpretativa ed emozionale da grande artista. La prima parte dello spettacolo è terminata con una straordinaria esecuzione del recitativo ed aria “Dove son che m’avenne… Gemo in un punto e fremo” da L’Olimpiade di Traetta dove Jaroussky ha sfoderato anche delle bellissime note basse che rivelano la sua voce naturale da baritono passando con naturalezza da un registro all’altro. Nella seconda parte florilegio di vocalizzi sempre in un’aria da L’Olimpiade, ma stavolta di Andrea Bernasconi, “Siamo navi all’onde algenti”, seguita dal brano “Gelido in ogni vena” di Giovanni Battista Ferrandini dall’arrangiamento ritmato modernissimo, potrebbe averlo scritto Morricone, per poi passare a due arie dall’Artaserse, la drammatica e tristissima “Per quel paterno amplesso” di Johan Christian Bach, il figlio di Johann Sebastian Bach, e “Fra cento affanni” dall’Artaserse di Niccolò Jommelli, con toccante duetto con il flauto. Di quest’ultimo autore, l’ensemble ha presentato anche la bella Sinfonia periodica in mi bemolle maggiore. Se tutto il programma è stato dedicato a brani poco conosciuti, nei bis Jaroussky ha ripreso invece due dei suoi pezzi più conosciuti: “Che farò senza Euridice” di Gluck, che il controtenore ha tenuto a ricordare che ha avuto la fortuna di cantare nel bellissimo allestimento di Robert Carsen, e poi un’altra delle sue interpretazioni più famose, l’aria di Anastasio “Vedrò con mio diletto” dal Giustino di Vivaldi. Applausi a non finire.
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