A Salisburgo dal buio dell’Ouverture spirituelle alla luce della Creazione

Minguet Quartett, Klangforum Wien, Jordi Savall per Berio, Sciarrino e Haydn

Notturno (Foto Marco Borrelli)
Notturno (Foto Marco Borrelli)
Recensione
classica
Kollegienkirche, Felsenreitschule
Festival di Salisburgo
25 Luglio 2023 - 27 Luglio 2023

In declinazione notturna, l’Ouverture spirituelle del Festival di Salisburgo offre un programma italiano. Nel bianco quasi assoluto della barocca Kollegienkirche, luogo di raccoglimento per eccellenza della città, cui spesso è destinata la musica contemporanea, s’ascoltano, nella penombra autunnale del 25 luglio, il Notturno (Terzo Quartetto) di Berio e di Infinito Nero di Sciarrino (entrambi diretti dalla precisa Elena Schwarz – cognome che casualmente si sposa all’impaginato).

Notturno gioca sul fluire continuo del tempo, in un’unica gittata, con un’estrema varietà di articolazioni interne e sezioni a contrasto che lavorano sul silenzio: a livello spaziale, vicino e lontano, passato e presente, scorrevole e statico, immobile e sospeso, cui dà vita e corpo con coerenza e maturità interpretativa il Minguet Quartett, in un trascorrere che fa volutamente perdere i riferimenti spazio-temporali. Se, nel corso dell’ascolto, si è poco indotti a interrogarsi sulla forma – a tratti pulviscolare - (essa, nelle parole dello stesso Berio: “si ripiega su sé stessa, portando in superficie figure appena riconoscibili”), e molto più sulla nostra posizione nello spazio-tempo, forse ciò è determinato dal programma poetico sotteso al brano, dall’incipit: un verso di Paul Celan “a lei (la notte) la parola ridotta al silenzio” (Argumentum e Silenzio). Nella sottrazione – favorita dall’oscurità – Notturno equivale a un silenzio risonante, intessuto di parole taciute: formate nel pensiero e nello spirito, ma dilavate (o a tratti agitate, sommosse) dalla notte. Quale estremo paradosso, secondo le intenzioni dell’autore, è un quartetto dallo svolgimento anti-dialettico: fatto “di discorsi incompleti, silenzioso anche quando tutti perfettamente unanimi suonano forte”.

Sul vuoto, e sulla vertigine, gioca invece Infinito nero per mezzosoprano e otto strumenti (flauto, Vera Fischer, oboe, Markus Deuter, clarinetto, Bernhard Zachhuber, pianoforte, Jonaas Ahonen, percussioni, Alex Lipowski, violino, Gunde Jaech-Micko, viola, Paul Beckett, cello, Benedikt Leitner) basato su frammenti di Maria Maddalena de’ Pazzi, religiosa carmelitana. Visioni estatiche, imperniate su parole-chiave che esprimono un misticismo quasi erotico (e anche panteistico: “se le piante potessero avere amore, non griderebbero altro”): sangue, latte, piaghe, morte. La dimensione spirituale estrema – nata nel sacello interiore, nella privata sfera silenziosa del proprio credere – cui ci conduce l’intonazione di queste parole è imperniata dopo un lungo preludio meramente musicale su minime variazioni (“Poco succede, quasi niente”), e sulla dialettica della ripetizione e intensificazione sonora delle sillabe. Una breve citazione, quasi in sogno, della melodia del girotondo – cantato e affidato a un motivo circolare degli archi – rimanda al pensiero che s’incista, in un’incessante ingiunzione di risposte da parte di Dio, muovendosi in tondo e salendo verso, appunto, l’Infinito nero. La buona cura nella resa sonora del Klangforum Wien è offuscata un poco dalla pronuncia migliorabile del mezzosoprano Annika Schlicht.     

 

La creazione

Egualmente dal buio alla luce inizia La Creazione di Haydn portata il 27 luglio 2023 da Jordi Savall insieme a La Capella Nacional de Catalunya e Le Concert des Nations nella Felsenreitschule, la suggestiva ex scuola di equitazione scavata nella roccia alla fine del diciassettesimo secolo, oggi cuore del Festival. Quei primi sconvolgenti accordi, rappresentanti il caos, che tanto sconvolsero il pubblico dell’epoca di Haydn (la prima nel 1799) e che ancora oggi sono capaci di sbalzare, quasi plasticamente, nelle nostre orecchie la Creazione, rivelano volumi equilibrati dell’ensemble che si sposano con la perfetta acustica del luogo.

In un’atmosfera aerea, a tratti, e scattante e nervosa come solo sa essere la resa storicamente informata, Savall ha sempre il dominio assoluto delle sezioni orchestrali, corali e dei solisti: particolarmente evidente in momenti come nel Terzetto col Coro che riunisce Gabriel, Uriel e Raphael alla fine del quinto giorno della Creazione.

Matthias Winckhler (Raphael/Adam, basso baritono) di grande potenza vocale e bella presenza scenica, conduce il discorso musicale con padronanza dei suoi mezzi, Minjie Lei (Uriel, tenore) dà corpo a Uriel con sicurezza, buon fraseggio e buona pronuncia, Giulia Bolcato (soprano) è un’affascinante Gabriel, sicura in ogni registro, si distingue in modo particolare nell’aria Auf starkem Fittiche schwinget sich der Adler stolz in un estatico dialogo col flauto, Flore Van Meerssche (soprano) presta la propria voce a Eva nella parte conclusiva dell’Oratorio, elevandoci nel Paradiso insieme ad Adamo, quasi prendendoci per mano (in un’ideale – per noi – chiusura circolare del concerto che si concludeva con Infinito nero).

 

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