Parigi: la solitudine di Peter Grimes
Duro e poetico l’allestimento firmato Deborah Warner
Una barca sospesa attende il pubblico che entra in sala, ed un ragazzo sospeso fluttua sopra la testa del protagonista nei suoi momenti psicologicamente più drammatici. E’ l’aiutante di Peter Grimes morto tra i flutti che toccherà infine il suolo, ma solo quando il suo padrone scomparirà anche lui all’orizzonte. Molto efficace e bello l’allestimento del capolavoro di Benjamin Britten firmato Deborah Warner che arriva a Parigi, dopo essere stato presentato a Madrid nel 2021 e a Londra nel 2022, in tutta la sua dura essenzialità, con ambientazione contemporanea, che consente di mettere a nudo quel che passa nella mente dei diversi personaggi ma, allo stesso tempo, sa rendere anche poetica una storia tanto aspra di apprendisti che muoiono uno dopo l’altro in circostanze non chiare. Le scene sono del canadese Michael Levine, con il supporto delle belle luci di Peter Mumford , essenziali in un’opera come questa che evoca tempeste dall’inizio alla fine. Solo grandi proiettori ai lati che quasi invitano a meglio scrutare le dinamiche irrazionali tra singoli e gruppo che stanno per essere rivelate. Ma al successo dello spettacolo contribuisce in egual misura la bravura degli interpreti, del coro che è il villaggio, e dall’orchestra dell’Opéra de Paris diretta dal giovane maestro inglese Alexander Soddy che ben imbriglia in un flusso coerente e molto coinvolgente, molto ricco di dettagli, le politonalità stridenti della partitura di Britten. Nel ruolo di Peter Grimes è davvero perfetto il tenore Allan Clayton che ha già cantato la parte a Madrid e Londra, e che interpreta con grande verosimiglianza e naturalezza il pescatore taciturno e testardo, apparentemente tanto sicuro di sé da andare contro tutti, e senza alcun scrupolo a sfruttare i suoi piccoli mozzi pur di inseguire il suo sogno di arricchirsi e sposare Ellen, un burbero emarginato, ma anche lui in fondo desideroso solo di un porto calmo d’amore e di pace. La voce di Clayton è dolce, leggera come quella di Peter Pears che è stato il primo Peter Grimes, quasi scompare nella massa corale aggressiva ma sa riemergerne con la forza impetuosa della disperazione, si impone nei duetti, convince perché è sopratutto un dramma intimo quello che Peter Grimes canta liricamente a sé stesso. Perfetta per la parte anche il soprano svedese Maria Bengtsson come Ellen Orford, la donna che incarna tutte le speranze di Grimes, che gli dà fiducia e lo aiuta a procurasi un altro aiutante ma poi finisce pure nei più atroci tormenti vedendo il nuovo giovane mozzo con lidivi e la veste strappata, ha la voce dal giusto colore e volume, morbida ma non troppo, si fa sentire ma capace pure di bei pianissimo. Notevole anche l’interpretazione del baritono inglese Simon Keenlyside nella parte del Captain Balstrode, voce dal bel timbro scuro e morbidamente pastoso che trasmette autorità, profondità e consapevolezza. Ma tutto il cast è adeguato e di alto livello, molto brave anche, solo per citare altri due nomi, le due mezzosoprano Rosie Aldridge e Catherine Wyn-Rogers, rispettivamente Mrs. Sedley, la vedova che gioca a fare la scopritrice di crimini, e Auntie, la proprietaria della taverna del paese. Taverna che è vista con il bancone in primo piano e quindi gli avventori si vedono a mezzo busto, prospettiva che sorprende piacevolmente. Un plauso speciale va al già citato coro preparato da Ching-Lien Wu, che alterna canti da tragedia greca ad altri da musical, e che la regista dispone molto bene, coadiuvato per i movimenti dal coreografo Kim Brandstrup. Sul podio, Soddy accompagna l’orchestra dell’Opéra de Paris a rendere con i giusti tempi e con grande cura i famosi bellissimi sei interludi che sono suonati a scena chiusa, su uno sfondo blu in cui viene proiettato il loro rispettivo numero, anche quando, alla fine, durano poco. Quest’ultima è forse una delle poche pecche dello spettacolo perché cosi si interrompe la tensione, e per la stessa ragione è discutibile avere scelto di fare un secondo intervallo quando i due atti finali sono piuttosto brevi e avremmo voluto sentirli senza interruzione in un crescendo d’intensità che termina drammaticamente con il villaggio che riprende le sue attività quotidiane come se nulla fosse accaduto. Coproduzione del Teatro Reale di Madrid, del Covent Garden e dell’Opera di Roma.
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