Beethoven e i circuiti integrati

Nuovi format sperimentali al festival di Bonn ma a riscuotere grande successo è ancora Ludwig

Il concerto finale del Beethovenfest (Foto Steffi Retti)
Il concerto finale del Beethovenfest (Foto Steffi Retti)
Recensione
classica
Pantheon Theater Bonn
Beethovenfest 2022
17 Settembre 2022

Beethovenfest ultimo giorno, conclusione di un festival che ha visto all’opera per la prima volta Steven Walter nel ruolo di direttore artistico, ruolo che egli ha sottolineato aver svolto puntando soprattutto agli aspetti innovativi.

La mia idea – ci ha spiegato Walter – è stata quella di essere ‘creativo’ nell’organizzazione del festival, nell’approccio alla stessa musica classica. Beethoven è stato un compositore molto creativo, innovativo, un uomo dinamico e ambizioso che si è posto il problema, anche politico, di come porsi nei confronti del mondo come artista. Ho avuto in mente il suo esempio nel programmare i concerti, nel pensare a nuovi format per cercare di raggiungere diverse categorie di pubblico. Non essendo ancora disponibile la Beethovenhalle abbiamo avuto l’opportunità di andare incontro alla città e di utilizzarne diversi spazi. Certo ci sono stati ancora gli effetti della pandemia, abbiamo risentito delle difficoltà che la cultura sta attraversando in questo difficile momento storico, ma mi sembra che la risposta del pubblico sia stata positiva, la gente è rimasta entusiasta delle proposte, consapevole che stiamo facendo qualcosa di speciale in questa città.

Absclusskonzert di grande impatto quello che si è svolto nel tardo pomeriggio al Telekom Forum – una eccellente sala multifunzionale situata sulla riva opposta (rispetto a Bonn) del fiume Reno – con un significativo afflusso di pubblico. Tre i solisti di rilievo chiamati a interpretare il celebre Triplo Concerto del musicista di cui il Festival porta il nome: Renaud Capuçon al violino, Julia Hagen al violoncello e Kit Armstrong al pianoforte hanno saputo dialogare con grande padronanza sia tra di loro sia con l’Aurora Orchestra diretta da Nicholas Collon e l’intero brano ne ha tratto beneficio in termini di freschezza e naturalezza. La signorilità di Capuçon e l’espressività della Hagen hanno regalato momenti di grande intensità nel movimento centrale del concerto, mentre il virtuosismo pianistico di Armstrong ha appassionato il pubblico soprattutto nel nel Rondò alla polacca, anche se in alcuni momenti l’artista americano è sembrato voler spingere ancor più in avanti il tempo già brillante staccato dal direttore d’orchestra. Quanto a quest’ultima, nella seconda parte della serata ha proposto la Symphonie Phantastique di Berlioz in una modalità che ha conquistato il pubblico ed è destinata a restare negli annali del Beethovenfest: tutti i musicisti in piedi – fatta la dovuta eccezione per i violoncellisti e i contrabbassisti – e rigorosamente senza leggio, si suona a memoria! Una scelta coraggiosa che, considerata anche la durata del capolavoro del compositore francese, ha messo in evidenza le energie fisiche, oltre che musicali, di cui dispone questa formazione caratterizzata da una giovane età media dei componenti. Grande disinvoltura nella direzione da parte di Nicholas Collon, capace di assecondare la vitalità espressa dell’orchestra ma offrendo alla fine una lettura della Symphonie Phantastiquetalvolta un po’ carente di intensità espressiva. Tuttavia la scelta del nome Aurora lascia anche intravedere una prospettiva futura di certo luminosa per questa orchestra, occorrerà solo dare ai giovani musicisti la possibilità di crescere e, viste le eccellenti premesse, il sole raggiungerà anche per loro lo zenit.

Ultimo appuntamento ‘late night’ di questa lunga giornata, Beethovenfest x Electronic Beats annunciava già nel titolo un evidente contenuto innovativo, frutto della nuova collaborazione del Festival di Bonn con la rassegna che la Telekom dedica al mondo dei suoni artificiali. Al Pantheon Theater, amabilmente accomodati intorno a dei tavolini dove poter consumare un drink, si sono ritrovati spettatori ben diversi da quelli che erano accorsi al Telekom Center, attratti più dalle potenzialità dei circuiti integrati che dal ricordo del grande Ludwig. Un altro popolo insomma (ma non così giovane come si sarebbe potuto supporre) quello al quale si è presentata per prima Hania Rani – artista polacca classe 1990 con un live-set immerso nell’oscurità e illuminato successivamente da un suggestivo gioco di fari. Lo stile minimalista di questa pianista, combinato con una complessa serie di effetti elettronici, ha tuttavia prodotto più che altro una serie di interminabili “loop”, composti di infinite sovrapposizioni melodiche e armoniche, manipolazioni del suono e interventi vocali della stessa artista. Quelli offerti dall’elettronica sono probabilmente gli scenari più innovativi in cui collocare proposte musicali che non siano la semplice riproduzione di brani scritti nel passato più o meno recente, ma alla fine è risultato molto più interessante ascoltare il gruppo Alarm Will Sound, arrivato nella seconda parte della serata, in una versione totalmente electronic-free. Sotto la direzione di Alan Pierson, la formazione statunitense – peraltro anche orchestra residente del Beethovenfest 2022 – è risultata decisamente molto più sperimentale rispetto a Hania Rani, come dire che si può essere ancora innovativi nell’uso degli strumenti tradizionali. Meglio dunque pensare a contenuti artistici più solidi e strutturati per poter sfruttare nel futuro le eccezionali potenzialità dell’elettronica, con battiti insomma che sappiano arrivare in profondità al cuore del pubblico. Esattamente quello che tuttora accade quando si ascolta Beethoven.

 

 

 

 

 

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