L’Opera di Liegi riparte dalla Traviata
Accurata la direzione di Speranza Scappucci
Una Traviata diretta molto “da dentro”, che sembra trovare l’inspirazione per l’interpretazione della partitura nella sensibilità più profonda, di donna, del direttore Speranza Scappucci che è stata la vera protagonista, con la brava Orchestra dell’Opera di Liegi, del primo spettacolo presentato dopo la scomparsa del suo storico direttore Stefano Mazzonis di Pralafera e a lui dedicato. Una Traviata in forma di concerto, dopo che è saltato il grande evento lo scorso novembre che, proprio con quest’opera, doveva essere il culmine dei festeggiamenti del 200 anni d’attività dell’Opera di Liegi. Una Traviata che vuole riprendere “lo spirito” di Mazzonis regista, sempre rispettoso del compositore, oltre che qualche elemento scenico ed i costumi di quella Traviata creata dallo stesso Mazzonis nel 2009 per Liegi, ripresa curata da Gianni Santucci. Diffusa adesso, in streaming pagante (8€) sino al 18/4, ma registra in due giornate lo scorso marzo. A interpretare Violetta è stata chiamata Patrizia Ciofi che di questo ruolo è stata un’interprete applaudita ma che oggi appare visivamente troppo matura, sopratutto nel primo atto, sopratutto nel caso come questo di una produzione nata per essere diffusa in streaming con primi piani impietosi. Ma le si deve riconoscere la finezza dell’interpretazione di una Violetta pure molto sentita dal di dentro, con una voce che ancora ben si presta al belcanto, brava nei pianissimo e nelle agilità, anche se a volte un po’ a scapito della piena comprensione della parola, più realistica e inappuntabile nell’atto finale. Al fianco della Ciofi, ma non sembra esserci molta complicità tra i due, finalmente un Alfredo che riesce a dare spessore e credibilità al personaggio, con begli impeti di innamorato gagliardo, quasi eroico, ben cantato ed interpretato dal tenore russo Dmitry Korchak, soltanto alla sua seconda interpretazione del ruolo che ha debuttato lo scorso dicembre al Liceu di Barcellona. Nella parte di Germont padre è Giovanni Meoni, corretto ma poco carismatico, poco autorevole ed incisivo come dovrebbe, dalla voce baritonale un po’ troppo chiara. La versione semiconcertante mette anche visivamente al centro della scena il maestro Scappucci, con la sua direzione assai precisa e pulita, ben espressiva dei tanti sentimenti in gioco, intima ma pronta a cambiare di colore e accenti per descrivere, per contrasto, le chiassose feste di contorno e la tragedia finale. Una Scappucci attentissima anche ai cantanti e al coro, quest’ultimo disperso in sala con mascherina, con un effetto anche auditivamente da fuori scena, come se la massa corale più che partecipando stesse osservando e commentando la storia dei protagonisti dall’esterno. Dopo un inizio che visivamente lascia perplessi, anche per le troppo semplici proiezioni e giochi di luci nello sfondo, nonché per i bizzarri costumi di Edoardo Sanchi e Kaat Tilley, la parte musicale e vocale prende il sopravvento e da un piacevole senso allo spettacolo. E dal secondo atto in poi, dopo che Violetta si libera di quel vestito che la rende goffa quando dovrebbe essere elegante, anche quei costumi dai colori accessi e ottenuti mettendo insieme scampoli di tessuti diversi, si trasformano in un elemento positivo di illogica ma piacevole vivacità. Di buon livello anche il resto del cast, composto dai belgi Caroline de Mahieu (Flora), Julie Bailly (Annina), Pierre Derhet (Gastone), Samuel Namotte (Marchese D’Obigny) et Roger Joakim (Barone Douphom). La programmazione dell’Opera di Liegi adesso continuerà con altri quattordici proposte, alcune gratuite altre a pagamento, sino alla pausa estiva. Il prossimo appuntamento, ancora nel segno di Verdi ma anche del verismo, il 15 aprile con un concerto diretto da Daniel Oren e la soprano Saioa Hernández.
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