Tutte le musiche a Jesi
La versatilità del Festival Pergolesi Spontini
Appena concluso il Festival Pergolesi Spontini di Jesi, intitolato Futuro.Infinito, quest’anno particolarmente ricco di appuntamenti: 28 gli eventi, 10 le location, 150 gli artisti coinvolti in un programma, voluto da Cristian Carrara, incentrato sulla rilettura della musica antica e sul suo incontro con la contemporaneità. E’ stato questo il tema del concerto di Roberto Prosseda che si è cimentato in una sorta di gara pianistica (proprio come accadeva nei secoli passati tra i grandi esecutori alla tastiera) con il robot Teo Tronico, progettato da Matteo Suzzi, dotato di 53 dita e in grado non solo di suonare, ma anche di parlare e cantare. Prosseda ha condotto una vera e propria lezione sull’interpretazione pianistica, mettendo a confronto la precisione matematica della macchina con la sensibilità del pianista “umano”, capace di eseguire tutte quelle variazioni agogiche, timbriche e dinamiche che nella partitura non possono essere scritte ma che determinano l’unicità e il valore artistico dell’atto esecutivo.
Suggestiva la rivisitazione del repertorio barocco nel concerto “Baroque Reloaded”, nuova commissione del Festival, dove Matthieu Mantanus al pianoforte ed elettronica insieme al soprano Giulia Bolcato, a Rossella Policardo al clavicembalo e Giulio Padoin al violoncello ha eseguito le diverse sezioni della sua Cantate de l’Espace-Temps alternate a musiche di Alessandro Scarlatti, Pergolesi e Vivaldi. Si sono creati sì contrasti timbrici e di atmosfera ma anche rimandi tematici, trasformazioni, percorsi spazio-temporali che evidenziavano la continuità/discontinuità tra l’equilibrio e la chiarezza della musica prodotta da strumenti meccanici e lo smembramento, la deformazione e il dissolvimento di quella elettronica. Il rapporto di continuità temporale tra le due musiche si evidenziava anche nella forma delle sezioni della Cantate, legate a strutture della tradizione musicale del passato (ouverture, lamento, passacaglia, ma anche intermezzo e valzer). La musica è stata accompagnata da un suggestivo video-mapping figurativo/astratto che è culminato nell’immagine e nel crepitio di un fuoco che tutto invadeva, sorta di annientamento totale dello spazio-tempo e trampolino per una palingenesi.
Altra nuova commissione del Festival è stato Opera!, progetto sostenuto da Casa Musicale Sonzogno il cui protagonista è stato il Time Machine Ensemble, costituito da dieci giovani strumentisti diretti da Beatrice Venezi. In programma celebri arie d’opera rivisitate, ricomposte e trascritte per strumenti da compositori contemporanei. Il risultato, in questo caso non troppo convincente soprattutto rispetto all’assunto espresso dalla stessa direttrice di “avvicinare il grande pubblico alla grande musica”, è stato quello di una rassegna di arrangiamenti dove grandi capolavori subivano frammentazioni e germinazioni di altra musica, a volte persino contaminazioni (l’ouverture del Guillaume Tell con Here comes the sun dei Beatles) senza peraltro essere “attualizzati” (sempre che sia necessario farlo al fine della loro fruizione) essendo le musiche eseguite con strumenti tradizionali e con semplice e diretto linguaggio tonale. Nuova la figura della direttrice d’orchestra, abito lungo ma non da sera, capelli sciolti e piedi scalzi, che ha interagito con il pubblico e diretto con gestualità più d’effetto che tecnica. Suggestiva anche la scenografia del concerto, che prevedeva la proiezione di immagini non solo sullo sfondo del palcoscenico ma anche sugli abiti dei musicisti e sui leggii appositamente rivestititi di teli bianchi.
Nel percorso del festival naturalmente c’è stato spazio anche per il barocco allo stato per così dire puro, anzi purissimo: un omaggio a Johann Sebastian Bach e al suo secondogenito Carl Philipp Emanuel, con rari brani per flauto e pianoforte eseguiti dal duo Ramin Bahrami- Massimo Mercelli; rarissimo anche il repertorio dell’appuntamento dedicato alle sonate della scuola violoncellistica napoletana, con Gaetano Nasillo, Sara Bennici e Anna Fontana: non solo Pergolesi e Porpora, ma anche i meno noti Salvatore Lanzetti, Francesco Alborea, Giulio di Ruvo, Francesco Supriani.
Ancora barocco senza rivisitazioni con la magistrale interpretazione di Gemma Bertagnolli e Gli Archi del Cherubino diretti da Judith Hamza in un repertorio di arie e concerti di Vivaldi, Händel e Pergolesi. Nato a L’Aquila nel 2007, l’ensemble ha incantato il pubblico per il virtuosismo, la vitalità ritmica, la qualità e la varietà del timbro, la raffinatezza del fraseggio; insieme alla Bertagnolli, splendida interprete degli opposti “affetti” espressi nelle arie in programma (a cui si sono aggiunti Purcell e Cesti nei bis) hanno comunicato agli ascoltatori, anche con le espressioni sorridenti dei volti, la vera gioia del suonare insieme.
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