Quaranta anni di musica ad Ambronay
La nuova edizione dal 12 settembre
Da una piccola serie di concerti svolti nel 1980 nella Abbazia di Ambronay è nato un Festival che nel corso degli anni ha trasformato il piccolo comune del Dipartimento dell’Ain in un centro di creazione e formazione musicale di respiro europeo.
Da allora progressivamente Ambronay ha svolto e svolge il suo ruolo di punto di riferimento europeo per la conoscenza e diffusione della musica antica, anche attraverso l’etichetta discografica che dal 2005 pubblica titoli generalmente innovativi.
L’Abbazia è oggi una fucina la cui attività culmina nel Festival che si svolge nel corso di quattro lunghi fine settimana, dal giovedì alla domenica. Per il Centre Culturel de Rencontre d’Ambronay (CCR) la nuova edizione che avrà inizio il 12 settembre sarà una festa nella quale si incontreranno i vecchi e i nuovi amici che sono stati accolti in questo luogo dove sono passati i più importanti artisti e interpreti della musica antica, sia i pionieri come William Christie, Jordi Savall, René Jacobs, che le successive generazioni.
Nel suo programma risalta la musica barocca ricorrente nelle scelte dei numerosi gruppi chiamati a festeggiare questo importante anniversario. Les Musiciens de Saint-Julien guidati da François Lazarevitch inaugureranno il festival rivisitando le pagine più note di Vivaldi, Le quattro stagioni, La Notte, La tempesta di mare, utilizzando diversi tipi di flauti e la musette; l’ensemble Pygmalion diretto da Raphaël Pichon eseguirà i grandi mottetti di Bach; Bach e Vivaldi saranno interpretati anche dai giovani solisti della Académie Philippe Jaroussky, con la partecipazione del controtenore, accompagnati dall’orchestra Le Concert de La Loge diretta da Julien Chauvin; ancora Bach, e il Miserere di Allegri, nel concerto che vedrà riunite alcune formazioni corali giovanili che si uniranno al coro Spirito diretti da Nicole Corte; i Psalmen Davids e le Cantiones e Symphoniae sacrae di Heinrich Schütz presentati da les Cris de Paris diretti da Geoffroy Jourdain che promettono di esaltare la policoralità attraverso la disposizione dei numerosi cantori e musicisti negli spazi della chiesa della Abbazia che è il principale auditorium del Festival; La Descente d’Orphée aux Enfers di Marc-Antoine Charpentier eseguita dall’ensemble Correspondances diretto da Sébastien Daucé; arie e musiche strumentali di Destouches, Purcell, Haendel e altri autori interpretati dall’ensemble Amarillis e dal mezzo soprano Stéphanie d’Oustrac; la storia del violino barocco in Italia riassunta nel concerto dell’Imaginarium Ensemble diretto da Enrico Onofri; Giulio Cesare di Handel interpretata da Les Talens Lyriques diretti da Christophe Rousset; il Messiah di Handel eseguito da Les Arts Florissants diretti da William Christie che a loro volta celebrano i quaranta anni di attività; l’oratorio Il diluvio universale di Michelangelo Falvetti presentato da Cappella Mediterranea e Choeur de Chambre de Namur diretti da Leonardo García Alarcón; tre Coronation Anthems di Handel e il Te Deum di Giovanni Bononcini eseguiti dal Coro e Orchestra Ghislieri diretti da Giulio Prandi che il 6 ottobre concluderanno la fitta serie di concerti che coinvolge un grande numero di musicisti, forse il maggiore da quando è nato il Festival.
L’inno di ringraziamento per eccellenza venne musicato da Bononcini durante il suo soggiorno viennese nel 1741su richiesta del futuro imperatore Francesco I e poi venne eseguito nuovamente per celebrare la Pace di Aquisgrana, per la quale Handel compose la sua Royal Fireworks Music. Nella brochure del programma risulta essere l’unica composizione che verrà ascoltata per la prima volta in epoca moderna, e per tale motivo abbiamo chiesto a Giulio Prandi di descriverne i tratti salienti.
«Usiamo l’edizione preparata da Giovanni Andrea Sechi, non ancora pubblicata, sulla base del testimone viennese. L’organico è piuttosto classico e comprende archi, trombe, timpani, coro e quattro solisti. La mia opinione è che il Te Deum sia un testo complesso da musicare perché non presenta grande diversità al suo interno, tranne il “In te, Domine, speravi” finale. Bononcini adotta delle soluzioni semplici ma piuttosto efficaci e riesce a dare una grande varietà di colori. Presenta i grandi cori a pieno organico, come nel luminoso inizio omofonico, poi i fugati, brani imitativi cromatici, una lunga sezione con due voci femminili soliste che si alternano al coro, e in generale una alternanza di soli e coro. La sua grande mano si vede bene nei numerosi brani solistici, arie, duetti, terzetti brevi ma pieni di affetti in termini di melodia, armonia, cantabilità. C’è anche un canone perfetto. Il risultato è un brano molto ricco che richiede una grande bravura degli interpreti, ed è l’assetto sul quale Bononcini probabilmente contava. Mi sembra una composizione molto interessante, ed è un piacere poter presentare un inedito maggiore a chiusura del festival. Bononcini viene spesso messo da parte per una certa essenzialità della sua musica, ma questa offre agli interpreti molte possibilità. Nel guardare solo sulla carta questa composizione non ci si rende conto fino in fondo della perizia raffinatissima della sua retorica costruttiva».
Tranne l’inno di Bononcini, nel programma del festival non ci sono particolari novità, ma è evidente che questa edizione ha lo scopo di riassumere e rilanciare “per altri quarant’anni” le attività del CCR, come hanno scritto nel breve testo di presentazione della presente edizione Alain Brunet, che è il presidente oltre che il fondatore di questo fortunato e lungimirante progetto, e il direttore generale Daniel Bizeray.
La novità è rappresentata piuttosto dalla grande quantità di concerti che si svolgeranno anche in altre sedi del territorio dipartimentale, e nella Abbazia con gli appuntamenti del mattino e del pomeriggio, oltre ai principali eventi serali già elencati. Fra questi vanno aggiunti anche i concerti di musiche tradizionali, come ad esempio quello di Sona Jobarteh, dedicato al patrimonio del Gambia, il piccolo stato dell’Africa occidentale, e rinascimentali, tra i quali spicca il concerto dedicato a Leonardo da Vinci presentato dalla Capella Reial de Catalunya ed Hespérion XXI diretti da Jordi Savall.
L’attenzione verso le nuove generazioni di esecutori, il cui nucleo essenziale nel CCR è rappresentato dalla Académie baroque européenne d'Ambronay creata nel 1983, sarà al culmine durante la rassegna di Eeemerging (), il programma europeo di sostegno ai giovani gruppi che per tre anni vengono accolti dai suoi diversi partner allo scopo di far crescere e affinare le loro potenzialità artistiche e professionali, quando nel quarto e ultimo fine settimana come un piccolo festival nel Festival Rumorum, Cantoría, Dichos Diabolos, Palisander, Concerto di Margherita e La Vaghezza presenteranno i loro brevi concerti con la speranza di poter divenire un giorno protagonisti della scena internazionale della musica antica, così come lo sono i loro maestri e i loro modelli ideali.
Se hai letto questa news, ti potrebbero interessare anche
Il Valletta Baroque Festival si svolgerà a Malta dal 9 al 25 gennaio 2025 nei più importanti edifici storici dell’isola, con la partecipazione di molti musicisti provenienti da diverse parti d’Europa.
La scomparsa del direttore d'orchestra, compositore e musicologo
Il concerto sarà trasmesso domenica 22 dicembre in diretta su Rai 1 dopo l’Angelus da San Pietro