Muti e Malkovich da Ravenna a Kiev
A Ravenna "Le vie dell'amicizia", con la voce recitante di John Malkovich per il Lincoln Portrait di Aaron Copland
Le “Vie dell’Amicizia” che dal 1997 il Ravenna Festival traccia e percorre verso destinazioni sempre diverse – città simbolo di ingiustizie, disagi, problematicità – trascendono la natura del semplice concerto, per diventare un momento di riflessione – se non politica, di certo sociale. La destinazione di Kiev scelta quest’anno non trova il suo simbolo di sofferenza nella città stessa, che gode anzi oggi di vitalità turistica e culturale, quanto nei confini dell’Ucraina, ancora martoriati da pesanti conflitti bellici.
Come Riccardo Muti – il paladino, da sempre, di tali iniziative – esplicita al microfono, la serata è dedicata a tutti i popoli oppressi dalla tirannia. Dichiarazioni, dediche, ringraziamenti sono infatti parte integrante di questi eventi, che consentono al pubblico accorso sempre numerosissimo di avere un minimo di contatto con la realtà di turno: bandiere e inni nazionali, filmati illustrativi, passerelle di sindaci e ministri, che nella fattispecie ci rivelano quante nazioni non siano ammalate di gerontocrazia come la nostra.
Motivo di maggior curiosità era comunque per tanti la presenza di John Malkovich quale voce recitante per il Lincoln Portrait di Aaron Copland, composizione dedicata a un pioniere dei diritti umani nata in pieno periodo bellico (1942), cui Muti periodicamente ritorna. La voce calda e suadente del celebre attore si stagliava senza enfasi su un sound orchestrale che più cine-americano non poteva suonare, con evocazione di sterminate praterie e ammiccamento melodico al coevo tema di Via col vento.
Attorno a questo cammeo era però Verdi a dominare: un Verdi scelto più e più volte da Muti per lanciare gli annuali messaggi di fratellanza, colto nella dimensione sacra come in quella operistica. A Kiev il 1° luglio così come a Ravenna due giorni dopo, Stabat Mater e Te Deum suonavano massicci e potenti nel suono pieno e scuro dell’Orchestra e Coro dell’Opera Nazionale di Ucraina, unitisi all’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini. Tra i maggiori direttori, Muti è probabilmente colui che ha più a cuore tali pagine stilisticamente sfuggenti, delle quali è capace di nobilitare l’anima operistica elevata a spiritualità. Una selezione dal prediletto Nabucco completava la serata; e qui, davvero, si può dire che nessun altro sappia oggi valorizzare a tal punto quella “selvaggia verginità d’idee e di sentimenti” (per dirla con la Strepponi): bastava uno solo di quei crescendo che Muti esalta con impareggiabile calibratura per dare senso artistico all’intera serata.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Un memorabile recital all’Accademia di Santa Cecilia, con Donald Sulzen al pianoforte