Il ritorno di Chénier alla Scala
Dopo 32 anni l'opera di Giordano applaudita nella serata inaugurale
È da trentadue anni che Andrea Chénier mancava alla Scala, nel 1985 l'aveva diretta Riccardo Chailly che ora è tornato sul podio riproponendola per l'inaugurazione della stagione. Ma ripartendo quasi da zero la lettura perché nel frattempo ha maturato una preziosa esperienza con il repertorio di grandi orchestre sinfoniche, nonché una lunga pratica lirica. Risultato pochi languori, maggiore incisività e perfino durezze, il tutto ottimamente assecondato dall'organico scaligero. Il suo progetto di riportare in auge i titoli di fine Ottocento rimasti in ombra ha così un senso. Quanto agli interpreti va detto che Yusif Eyvazov non è il tenore più adatto per Chénier per via di una voce, generosa sì, ma poco duttile e dal timbro legnoso; mentre Anna Netrebko rimane una grande interprete di Maddalena, nonostante la dizione talvolta confusa e nonostante che la sera dell'inaugurazione non fosse probabilmente nella forma migliore. Un discorso diverso merita invece Luca Salsi, per prima cosa perché Gerard è l'unico personaggio a tutto tondo dell'opera, poi perché ha una voce vellutata, vigorosa, senza mai un'imprecisione e grande presenza scenica. E Mario Martone, che firma la regia, deve averlo subito capito perché l'opera inizia come un tableau vivant, dove tutti gli invitati di casa Coigny sono immobili come manichini e Gerard è solo, ne modifica la sistemazione, la posizione di un braccio, ne loda i nei, le parrucche e finisce così per diventare il narratore di tutta la vicenda. "T'odio casa dorata" acquista una forza drammaturgica straordinaria. La messa in scena procede poi lineare, senza troppe inventive e si avvale delle belle scene di Margherita Palli che, utilizzando un palcoscenico rotante, non lascia soluzione di continuità fra i quadri. Con un bell'effetto narrativo, per esempio quando fra i primi due passano cinque anni in pochi secondi. Meno riuscito l'inserimento del balletto ancient régime durante il ricevimento della contessa e il monumento a Marat che pare preso da un museo delle cere. Mentre è efficace la scelta di ambientare l'incontro di Maddalena con Gerard, non in un ufficio come di solito avviene, ma in una stanza con un letto, dove potrebbe consumarsi in baratto carnale. Il gran finale, a coronamento del folle sogno di una ghigliottina matrimoniale a due piazze, è invece rispettato con l'apparizione in bella posa del boia incapucciato sul palco.
Al termine della serata lunghi applausi per tutti, con un gran vociare di consensi dal loggione che hanno coperto in parte i canonici isolati buu non si sa bene indirizzati a chi perché sul palco si sono alternati la compagnia al completo e i tre cantanti principali, che si sono così sostenuti a vicenda. Parte del pubblico della serata non era comunque abituato a frequentare la Scala, perché molti spettatori sono entrati a terzo quadro già iniziato con le maschere che si affannavano a guidarli ai loro posti.
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