The Raven: un flusso di introspezione

Bolzano: in prima nazionale l'opera di Hosokawa che racconta l'angoscia alla E. A. Poe

Recensione
classica
Teatro Comunale di Bolzano Bolzano
Toshio Hosokawa
03 Marzo 2017
Se il concetto di musica per Hosokawa nasce nel passaggio dal silenzio al suono, il suo Atem-Lied per flauto basso si pone come un equilibrista nel mezzo, in quell'attimo in cui la nota è ancora soffio e movimento di chiave, dove la luce non è ancora alba ma nemmeno notte. L'atmosfera di questo brano del 1997, poco meno di dieci minuti interpretati in maniera intensamente poetica e tecnicamente sapiente da Manuel Zurria, alza virtualmente il sipario sul monodramma “The Raven”, quasi un prologo nell'intenzione registica anche se non faccia parte espressamente dell'opera. Dunque tra ombre e bagliori, luci che scoprono e che nascondono, si racconta il penultimo lavoro di teatro musicale dell'autore giapponese che può essere dipinto come un unico grande flusso. Quello delle onde sonore, intese come vibrazioni o come vere e proprie melodie degli strumenti in scena – cinque archi, cinque fiati, un pianoforte, timpani e percussioni diretti a Bolzano da Yoichi Sugiyama, nella cui chiarezza del gesto si apprezza una lunga esperienza di contemporanea. Quello della voce, che, grazie al duttile mezzosoprano Abigail Fischer, fluttua senza soluzione di continuità dal parlato al cantato, dallo Sprechgesang alla recitazione. E ancora il flusso delle emozioni del racconto di Edgar Allan Poe, che vagano dalla paura al dubbio alla follia e che si palesano anche grazie alle coreografie di Luca Veggetti, che ne firma anche la regia. Hosokawa non si sofferma sulla parola “Nevermore”, chiave del testo nonché potente pulsazione ritmica incisa da Poe. Questa, al contrario, viene pronunciata dalla voce in registri e con emissioni differenti, mai uguali. Nel contempo la parte strumentale segue piuttosto molto da vicino il percorso emotivo del testo, sottolineando il senso delle frasi ora con bruschi cambiamenti di energia, ora con suoni onomatopeici, ora con momenti lirici. Sul palcoscenico, creato da un ridotto piano inclinato totalmente vuoto, respira accanto alla protagonista una danzatrice che interpreta il suo doppio e che nei pochi e precisi gesti, legati alla tradizione del Nō giapponese e sempre mirati ad ostacolare i movimenti della cantante, rende palesi le gabbie mentali dell'angoscia umana. La prima nazionale è stata accolta con lunghi e convinti applausi dal pubblico bolzanino, un uditorio in maggioranza giovane che ha riempito i duecento posti del Teatro Studio con lo stesso assetato entusiasmo che negli anni Settanta riempiva i teatri nelle cantine romane.

Note: Prima nazionale. Nuovo allestimento. Produzione della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento

Interpreti: Mezzosoprano: Abigail Fischer; Danzatrice: Alice Raffaelli

Regia: Luca Veggetti

Scene: Clifton Taylor

Costumi: Kathrin Dorigo

Coreografo: Luca Veggetti

Orchestra: I solisti dell'Orchestra Haydn di Bolzano e Trento

Direttore: Yoichi Sugiyama

Luci: Clifton Taylor

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