Cuori nella palude
Catania inaugura la stagione con ‘La straniera’ di Bellini (prima versione)
Recensione
classica
Per la prima delle opere pienamente ‘romantiche’ e insieme progressive – nel ripensamento e superamento degli stilemi belcantistici – di Bellini, la regia di Andrea Cigni assembla spazi-segni allusivi all’ambientazione lacustre di una delle scene centrali (l’equivoco e quindi il conflitto tra Arturo e Valdemburgo/Alaide): il lago è piuttosto una labirintica palude, nella quale i personaggi-vittime delle circostanze sovrastanti arrancano e rimangono infine tragicamente risucchiati. Di segni scenici ne vengono proposti altri ancora, con profusione e citazionismo post-moderni (non si tratta forse di ‘modernità liquida’?...): alcuni – per es. lo specchio svobodiano – riescono ad ingranare col resto, altri risultano gratuiti ed esornativi. Chissà se le defaillance in serie nel cast femminile son dipese dai piedi a mollo nella vasca scenica; per salvare lo spettacolo inaugurale, la produzione ha compiuto una scelta di estrema prudenza: il personaggio d’Isoletta è stato cantato (bene) in buca da Sonia Fortunato, ingaggiata a prove concluse, mentre in scena agiva un suo doppio mimico (Nicol Oddo). Benissimo ha saputo fare Francesca Tiburzi, in termini di fraseggio e d’espressione, e soprattutto nelle fasi in cui il lirico-patetico s’incontrava col drammatico. Positiva la prova del cast maschile (D’Aguanno, Marrucci, Palazzo, Vargetto, Muscolino) nel suo complesso: anche se ciascuno ha mostrato doti e limiti, e il peso o il carattere delle parti non è identico, tutti si son calati al meglio e con generosità nello spirito dialogico di questa notevole drammaturgia belliniana. L’Orchestra e il Coro del Teatro Massimo Bellini sono stati ben guidati da Sebastiano Rolli, e han messo in luce la qualità di prime parti inappuntabili in alcuni cospicui soli (l’arpa e il primo flauto).
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