Ripetizioni, viti e cinguettii
Il pianoforte di Fabrizio Ottaviucci, alla Tenuta dello Scompiglio, legge Cage, Curran, Riley

Recensione
classica
La piccola cappella della Tenuta dello Scompiglio accoglie pochi privilegiati intorno al pianoforte “preparato” di Fabrizio Ottaviucci. In programma John Cage, Alvin Curran, Terry Riley, i filosofi americani della nuova musica del secondo Novecento. Apre “Sonatas and Interludes”, opera manifesto con la quale Cage smonta il mito del concertismo romantico: niente suoni puri, ma armonici, complesse frequenze prodotte da una preparazione maniacale (viti, gommini, dadini fissati tra le corde) per trasformare la tastiera in uno sfavillante strumento a percussione. La serie inizia con un intrigante ragnatela ritmica dal sapore ludico, suoni da luna-park, metallici e sghembi. Poi la trama si apre, rilascia grappoli di vibrazioni danzanti che si mischiano con i cinguettii provenienti dal parco che ci circonda. Magico connubio cageano interno/esterno. Tolti dalle corde, come in un rito, i materiali da ferramenta, Ottaviucci ci regala un “For Cornelius” che ci rimarrà dentro. L’opera dedicata da Curran al compositore inglese Cornelius Cardew ha una intro tonale, tra intimità e poesia. Lentamente, inesorabilmente tutto il materiale si trasfigura poi in un muro sonoro inestricabile, ribollente, statico, disegnato dalla stimolazione violenta e meccanica delle corde. Vibrazioni si sovrappongono, si fondono, si scontrano per poi evaporare in una serenità problematica. Con “Keyboard Studies” Terry Riley esemplifica la procedura minimalista: la ripetizione rende il tempo musicale prevedibile, la variazione introduce quel cambiamento necessario al mantenimento della tensione. Influenze della tradizione indiana, andamento ipnotico, armonici come ritualità, tutto si muove in una costante messa in discussione del ruolo del compositore, dell’esecutore, della funzione della musica oggi.
Interpreti: Fabrizio Ottaviucci: pianoforte preparato.
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