Vivaldi nelle Americhe
Le Stagioni rilette da Glass e Piazzolla all’Opera di Firenze
Recensione
classica
Probabilmente le Stagioni di Vivaldi rappresentano il primo tentativo della musica strumentale di esprimere la Natura come prolungamento dell’uomo. La materia sonora è rivoluzionata, il compositore ricerca nuove libertà, supera vecchi formalismi attraverso ardite architetture e purezza di linee. Questa premessa ci può servire per leggere meglio la serata vissuta all’Opera di Firenze: in programma [i]The American Four Seasons[/i] (2009) di Philip Glass e [i]Las cuatro staciones porteñas[/i] (1965-1970) di Astor Piazzolla eseguite dal Contempoartensemble con la direzione di Vittorio Ceccanti. Due compositori del continente americano, due mondi. Glass disegna in otto parti attraverso una struggente melodia, affidata al virtuosismo del violino, un viaggio nel tempo. La citazione vivaldiana sta nella limpidezza del suono che rimane a suo modo “antico”. Sullo sfondo vibrano come onde di un mare scuro ed emblematico le corde dell’ensemble, che mai però sporcano la voce solista. Il sintetizzatore costruisce una ragnatela estraniante, ripetitiva. Il contrasto emoziona.
Calore, sensualità, pulsione ritmica, sapore popolare: queste le immediate sensazioni verso l’opera di Piazzolla. Il compositore argentino non usa citazioni ma veri blocchi vivaldiani, li incastra pericolosamente nelle pieghe del suo “tango nuevo” come sintesi di linguaggi diversi (dove la tradizione porteña si macchia di jazz, barocco fino a Stravinskij). Questi incroci risultano credibili, molto affascinanti, senza i rischi di un generico eclettismo.
Due opere lontane e complementari. Glass disegna l’uomo moderno, Piazzolla il suo muoversi dal sapore atavico. Il Contempoartensemble offre un’ottima prova in entrambi i contesti. Strepitoso il violino di Duccio Ceccanti. Applausi prolungati, calorosi. Tutti meritati.
Interpreti: Contempoartensemble, violino Duccio Ceccanti
Direttore: Vittorio Ceccanti
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