Paradossi amburghesi. Grazie a uno sciopero di tecnici macchinisti della Staatsoper si realizza l’utopia wagneriana del teatro invisibile con un “Tristan” senza scene, e solo qualche ora dopo l’irrapresentabile Bach della “Matthäuspassion” trova una versione scenica ad opera di Romeo Castellucci sotto la grande navata dell’industriale Deichtorhalle.
Come in un asettico laboratorio, tutto è di un bianco abbacinante: il pavimento e le pareti drappeggiate, la tribuna del coro e gli scranni degli orchestrali, fino ai costumi dei musicisti e dei tecnici che portano allo sguardo del pubblico il catalogo di 18 oggetti che accompagnano l’esecuzione, dettagliatamente illustrati in un apposito booklet a disposizione di ogni spettatore. Fedele al suo credo drammaturgico, Castellucci non illustra la Passione bachiana ma tenta un impossibile cortocircuito fra la trascendenza del racconto biblico alla base del capolavoro bachiano (che non ha certo bisogno di immagini per dispiegare la sua potenza espressiva) e l’immanenza di esperienze di vita e di morte evocate attraverso quel suo singolare e personalissimo catalogo che sembra procedere per associazioni di idee, curiosamente dettagliatissimo nella chimica (da intendersi in senso letterale) dell’esistenza. Più di qualcuno trova irritante il contrasto fra la spiritualità della musica di Bach e l’algida processione di oggetti scelti di Castellucci e lascia la sala. Di certo l’esercizio risulta faticoso per lo spettatore sottoposto alla singolare sfida intellettuale e sinestetica, ma va detto che l’operazione di Castellucci sulla Passione più che “nel” corpo opera “sopra” (o magari “di lato”) al corpo della partitura. Partitura che a Amburgo trova una guida sensibile in Kent Nagano; che tuttavia si mantiene entro i confini interpretativi di una certa tradizione che oggi rischia di apparire superata, come il suono corposo dell’Orchestra filarmonica di Amburgo, capace comunque di assicurare “soli” superlativi. Convincono di più la solida prova dei giovani coristi dell’Audi Jugendchorakademie e degli ottimi solisti, sui quali spiccano in particolare il tenore Ian Bostridge come Evangelista e il basso Philippe Sly. Qualche spettatore se ne va prima della fine ma i più restano e salutano tutti i numerosi artefici dello spettacolo con grande calore.
Note: Nuova produzione della Staatsoper Hamburg in collaborazione con le Deichtorhallen di Amburgo nel quadro dell’Internationale Musikfest di Amburgo 2016. Date rappresentazioni: 21, 23, 24 aprile
Interpreti: Ian Bostridge (Evangelista), Hayoung Lee (Soprano 1), Christina Gansch (Soprano 2), Dorottya Láng (contralto), Bernard Richter (tenore), Philippe Sly (Gesù, basso)
Regia: Romeo Castellucci (coll. Silvia Costa)
Scene: Romeo Castellucci
Costumi: Romeo Castellucci
Orchestra: Philharmonisches Staatsorchester Hamburg
Direttore: Kent Nagano
Coro: Audi Jugendchorakademie
Maestro Coro: Martin Steidler
Luci: Romeo Castellucci