Oggi in Cina
L’Ensemble Intercontemporain dedica un ciclo ai nuovi compositori
Recensione
classica
Una prima francese e una prima assoluta hanno costellato il primo appuntamento di una breve retrospettiva dedicata alla musica contemporanea cinese dall’Ensemble Intercontemporain, alla Cité de la musique di Parigi. Laddove la parte del leone l’hanno fatta lo sheng, organo a bocca dalla sorprendente capacità polifonica e dal timbro ricchissimo, e i fiati insieme alle percussioni, che contraddistinguono il tipo di ensemble strumentale più popolare in territorio cinese. Nell’immaginario di chi non conosce la storia della musica made in China una smaccata caratterizzazione folklorica sarebbe stata l’attesa più evidente e invece lascia spazio a una tradizione compositiva piuttosto europea: la forma classica di “The Sun Shadow”, il brano di Wenchen Qin per ottavino, oboe, clarinetto e percussioni in prima esecuzione francese, e la scrittura evocativa di memoria quasi debussiana di “San”, firmato da Shuya Xu.
Ecco che il marchio cinese più riconoscibile è quello timbrico con la presenza dello sheng, solista in “Hehkuu”, la prima commissionata dell’Ensemble Intercontemporain a Jukka Tiensuu, ma soprattutto protagonista assoluto in “Dragon Dance", una danza – solo sonora, s’intende – a perdifiato dalle voluttuose movenze e a dai tratti improvvisativi eseguita e composta dal virtuoso Wu Wei. Se questo è il brano che ha più animato la sala, “Chinese Opera” del maestro ungherese Peter Eötvös – un pezzo dal titolo ingannevole che poco o nulla ha dell’evocata Cina – è quello che ha più coinvolto l’ensemble di Matthias Pintscher.
Interpreti: Ensemble intercontemporain; Matthias Pintscher (direttore); Wu Wei (sheng)
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