Nel Ballo in maschera verdiano, con cui si è inaugurata la Stagione Lirica del Teatro Verdi di Trieste, l'autentico nucleo drammaturgico è rappresentato dal tema del doppio che viene a frangere l’identità psicologica dei protagonisti insinuando in tutti un’ambiguità lacerante. La produzione riprende l'allestimento realizzato nel 2013 dal Regio di Parma, ambientato nella fascinosa Boston tardo seicentesca, con le fastose scenografie e i costumi di Pierluigi Samaritani. La destrutturazione dei valori più sacri, dalla fedeltà coniugale a quella amicale, sorge da una fondamentale assenza di baricentro assiologico. Il fato regge le fila delle umane vicende sgretolando ogni certezza e ogni pretesa di controllo razionale. Metamorfosi psicologiche che si accompagnano a devastanti contraddizioni interiori la cui complessità è resa musicalmente possibile dall’utilizzo di una melodia nucleare, spiraliforme, costruita su varianti progressive, innestata in una armonia screziata e in un trasparente colorismo orchestrale.
Sottolineano questa ambiguità la regia di Massimo Gasparon e la direzione strutturalmente vigorosa di Gianluigi Gelmetti, magistrale nella concertazione e nell' intreccio tra tono brillante e tragico voluto da Verdi. Gianluca Terranova disegna un Riccardo fiero e tenero a un tempo; Rachele Stanisci è un’Amelia inquieta, lacerata; Aris Argiris- che ha sostituito l’indisposto Devid Cecconi- esalta invece la trasformazione dolente di Renato da vassallo fedele in efferato omicida. Sandra Pastrano, soprano en travesti, incarna in Oscar il simbolo stesso dell’ambiguità, cui si contrappone la voce ammaliante di Mariana Pentcheva, un’Ulrica radicata nella profondità dell’Es.
Efficaci il Coro preparato a Paolo Vero e l’Orchestra del Teatro triestino.
Successo caloroso.
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento