D’Annunzio è il nume tutelare della cultura pescarese, e perciò non sorprende che un 47enne compositore romano ormai trapiantato lì e un festival al nume dedicato si pongano a cimento, mettendo in musica una riduzione (curata personalmente da Taglietti nel libretto) del suo romanzo più scopertamente autobiografico. Infondere o amplificare una tensione lirica nella prosa dannunziana sempre vibrante (ma non sempre lirica) sembra la direzione di lavoro dell’autore, e il risultato coglie nel segno, anche in termini di drammaturgia musicale nella seconda parte. Il gioco di pieni e vuoti, i travestimenti stilistici, anche le attrazioni-frizioni tra i tre personaggi (Stelio alias D’Annunzio, la Foscarina alias la Duse, Donatella Arvale), transitano qui in modo efficace per il ‘pensiero magmatico’ dell’autore, che non è materismo (le figure strumentali – come quelle vocali – sono molto chiare e profilate) ma qualità instabile proiettata dal pensiero nella materia sonora, anche – anzi proprio – laddove essa consti di moduli facilmente inclinabili alla squadratura; si avvertiva invece, nella prima, lo sforzo contrario di contenere una materia di per sé fluida in gabbie rigide. Questa prima realizzazione della partitura non si può definire scenica – solo qualche spostamento per i personaggi e qualche cambio di luce – ma ciò, per la natura lirica di testo e musica, non nuoce affatto all’opera, quanto invece un’amplificazione eccessiva per la natura cameristica dell’operazione. Molto bravi ed applauditi dal pubblico – discretamente numeroso – gli interpreti, sia quelli vocali (una sicurezza Valentina Coladonato, e più che positivo Nunzio Fazzini in una parte assai impegnativa) sia i sei giovani strumentisti, tutti ottimamente guidati da Pasquale Veleno.
Note: prima esecuzione assoluta
nell'ambito del D'Annunzio Arts Festival
partitura ediz. RAI TRADE