Come il suo autore nella scena musicale europea di inizio Novecento, “Die Gezeichneten” di Franz Schreker, in prima italiana al Teatro Massimo di Palermo fino al 21 aprile, è un autentico “caso”: 26 ruoli principali, una pletora di figuranti, cinque scene in tre atti per la complessiva durata di 170 minuti, un libretto – dello stesso Schreker – che spaventò Alexander Zemlinsky, committente originario per un’opera sul tema della deformità (che sarà poi “Il Nano”), ma non il suo autore, che in quel momento, tra il 1913 e il ’15, godeva della massima popolarità nei teatri tedeschi, popolarità che di lì a poco sarebbe sparita con la medesima rapidità con cui si era manifestata. Dramma-saggio-poesia che si prefigge di tradurre in teatro musicale “totale” quanto di più interiore ci sia, come le pieghe remote dell’animo umano, “Die Gezeichneten” (“I predestinati”, secondo la traduzione convenzionale) asseconda gli intenti creativi dello Schreker più maturo: dare vita a una musica scaturita dal dramma, fitta di complessi rimandi linguistici ed espressivi, che fonde in un unicum creativo testo, timbro, melodia, scena e azione. E di più: coltissimo e curioso fino al tormento, nelle sue opere – e quanto mai nei “Gezeichneten” – Schreker rifugge dai saldi ormeggi del mito consolidato creando da sé i soggetti e incrociandoli con quanto offerto dalla vividissima scena intellettuale mitteleuropea del suo tempo: in questo caso, la psicoanalisi di Freud e gli scritti di Kraus e Weininger, cosa che rende questo autore assai più “contemporaneo” di molti suoi coevi. I tre personaggi chiave di Alviano, nobiluomo colto reso infelice da una menomazione fisica “non superata”, di Carlotta, artista pronta a mettere in gioco qualunque cosa pur di raggiungere il suo ideale espressivo, e di Tamare, cavaliere irruente e seduttore pronto a dare la vita per un’ora di piacere con l’amata, sono le tre facce del medesimo soggetto, che secondo il regista Graham Vick potrebbe essere lo stesso Schreker. La splendida messinscena del regista, imprescindibile dalle scene e dai costumi realizzati dal fido Paul Brown, predilige l’idea del non-luogo, con ampi scenari bianchi ed elementi scenici che restano allo stato di “segno” (cornici, specchi, tavole imbandite e perfino una Ferrari 308 spider), lasciando ampio spazio agli indovinatissimi cast e al raffinato lavoro compiuto dal direttore Philippe Auguin. Da non perdere.
Interpreti: Herzog Antoniotto Adorno: Robert Hale / Michael Ryssov
Graf Andrae Vitelozzo Tamare: Scott Hendriks / Robert Hyman
Lodovico Nardi: Michael Ebbecke / Friedemann Kunder
Carlotta Nardi: Angeles Blanca Gulin / Olga Chernysheva
Alviano Salvago: Peter Hoare / Gabriel Sadé
Guidobald Usodimare: Alex Wawiloff
Menaldo Negroni: Michael Putsch
Michelotto Cibo: Thomas Gazheli
Gonsalvo Fieschi: Paolo Orecchia
Julian Pinelli: Robert Holzer
Paolo Calvi - Vater: Stephen Richardson
Ginevra Scotti: Katia Ilardo
Mutter: Katia Ilardo / Sonia Contino
Martuccia: Monica Minarelli
Pietro: Cristiano Olivieri
Ein Jüngling: Giulio Pelligra
Ein Mädchen: Veronica Lima
I Senator/ I Bürger: Alberto Profeta
II Senator: Giovanni Bellavia
III Senator / III Bürger / Ein riesiger Bürger: Armando Caforio
Drei junge Leute: Vincenzo Raso / Gianfranco Giordano / Pietro Luppina
Ein Diener: Antonio Barbagallo / Gianfranco Giordano
Eine Dienerinnen: Mariella Maisano / Antonella De Luca
Ein Kind: Alan Geraci / Davide Puleo
Regia: Graham Vick
Scene: Paul Brown
Costumi: Paul Brown
Corpo di Ballo: Teatro Massimo
Coreografo: Ron Howell
Orchestra: Teatro Massimo
Direttore: Philippe Auguin
Coro: Teatro Massimo
Maestro Coro: Andrea Faidutti
Luci: Giuseppe Di Iorio