Lucerna apre con la Nona di Beethoven diretta da Abbado e un omaggio a Tarkovsky
Nel nome dell'Europa la Nona di Beethoven diretta da Abbado inaugura il festival di Lucerna insieme con un omaggio a Tarkovsky
Recensione
classica
Il festival di Lucerna è stato inaugurato il 10 agosto sulle note della Prima di Mahler, in una curiosa trascrizione per organo e ottoni di Wolfgang Sieber. Di seguito le autorità hanno parlato di Europa, della sua polifonia culturale, dei valori condivisi (strano ossimoro, visto che la Svizzera ancora non ne fa parte), poi Ballata e danza per due violini di Ligeti, un lungo discorso in punta d'ironia sul dramma dell'Ungheria comunista dello scrittore Péter Esterhazy (discendente della storica famiglia), inframezzato da brani dai Duo per due violini di Bartok e in chiusura il suo Allegro Barbaro trascritto per organo. L'ufficialità ha i suoi rituali e richiede pazienza.
Nella seconda parte della serata, dopo un affollato cocktail vista lago al primo piano dell'auditorium, il concerto inaugurale vero e proprio. Sempre sotto il segno dell'Europa: la Nona di Beethoven con l'orchestra del festival, sul podio Claudio Abbado. Che subito ha cancellato ogni aura di retorica che ancora aleggiava in sala. La sua è stata una di quelle esecuzioni che aumentano di fascino e di importanza nella memoria. E' stato impressionante, per esempio, e assolutamente fuori dall'ordinario come abbia sottolineato la solida costruzione del terzo movimento lasciandone intatta la cantabilità. Veramente un momento indimenticabile. Tutto comunque ha funzionato a meraviglia, con un contenuto gigantismo drammatico nel primo tempo, leggerezza assoluta nello Scherzo, poi il miracolo del terzo accompagnato da una palpabile emozione in sala e la ferrea analisi e trasparenza sonora dell'ultimo tempo. Con controllo totale delle percussioni del finale, che sotto altre bacchette spesso insinuano effetti bandistici. Di alta classe i solisti, Melanie Diener, Anna Larsson, Jonas Kaufmann, Reinhard Hagen, ottimo il coro della Bayerischen Rundfunks. Al termine applausi calorosissimi, con Abbado quasi nascosto fra gli orchestrali e dietro i solisti, e una lunga standing ovation quando alla fine è ricomparso da solo sul palco.
La serata dell'11 agosto, dedicata alla memoria di Andrej Tarkovsky, si è svolta invece nella Luzernsaal, sala al pianterreno dell'auditorium, che talvolta apre la parete di fronte al palco quando ospita complessi rock. Il programma è stato identico a quello che Claudio Abbado diresse nel 1991 al Musikverein di Vienna per il ciclo Wien Modern. Ma in ordine inverso, preceduto dalla proiezione di una sequenza di Andrei Rublev, quella della fusione della campana (momento indimenticabile tra i film del regista russo): per primo bidlos/weglos di Wofgang Rihm, con l'autore in sala, festeggiatissimo al termine, poi Face de la chaleur di Beat Furrer, che ha diretto se stesso e gli altri tre brani alla testa dell'Ensemble di Lucerna. Di seguito What is the Word di Gyorgy Kurtag, senza voce recitante per indisposizione dell'attrice, e No hay camino di Luigi Nono. Fatta salva l'affascinante spazialità acustica, creata dalla posizione degli organici, ora su tre, ora sui quattro lati della sala, tutte le composizioni alla fin fine sono risuonate abbastanza datate.
Al termine del concerto, affollatissimo come mai in Italia si potrebbe immaginare, l'omaggio a Tarkovsky si è spostato nella grande Konsertsaal, con Bruno Ganz che ha letto un brano da Il sacrificio, racconto scritto dallo stesso regista, poi divenuto l'omonimo film del 1986, l'ultimo. La lettura è stata seguita dall'esecuzione di Nostalghia di François Couturier. Al pianoforte l'autore, insieme con violoncello, fisarmonica e saxofono.
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