Non musical ma "opera popolare": così vuole la dicitura sottostante il titolo di questa "Giulietta e Romeo", firmata Cocciante e Panella che ha debuttato a Verona. L'operazione ambiziosa dei due autori di ricreare una dimensione narrativa ed epica, della storia scespiriana, nelle forme di un linguaggio popolare s'infrange, tuttavia, di fronte ad un libretto povero e ripetitivo e ad una musica che non riesce a sviluppare nel corso dello spettacolo una convincente tensione drammatica. Una successione di canzoni in cui sostanzialmente si avvicendano due modalità stilistiche: quelle dei momenti corali, dal ritmo fortemente incalzante e pulsivo e quelle dal respiro melodico più tipico dello stile di Cocciante, con le sue esplosioni, spesso urlate, che vogliono essere, sempre e comunque, tensione emotiva. Se inizialmente lo spettacolo è anche coinvolgente, ricco di colori, musicalmente ben supportato, nella base registrata, dall'orchestrazione di Andrew Mc Kenna, non riesce tuttavia ad andare oltre tale polarità, senza creare differenze sostanziali tra diversi livelli emotivi: anche per i momenti più tragici della vicenda c'è sempre un canto teso e dispiegato. Niente scenografie ma solo un grande schermo, su cui scorrono e si alternano immagini tridimensionali, con giochi di luci, immagini da cartolina e poi immagini in movimento: esemplare il kitsch di amorini che nella scena del matrimonio volteggiano dal soffitto, con cascate di petali. La compagnia dei giovani cantanti, con un cast, che si alterna nelle diverse recite, è fortemente motivato e regge con grinta il canto teso e appassionato della musica di Cocciante, il quale non perde l'occasione, davanti ad un'arena gremita di un pubblico entusiasta, di rubare loro la scena per cantare il bis finale.
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