Il castello del Principe Boulez

Pierre Boulez regala al pubblico dello Châtelet un concerto indimenticabile. Grazie alla complicità dell'Orchestre de Paris e, ovviamente, Peter Fried e di una splendida Jessye Norman. In programma "Il castello del Principe Barbablù" accopiato con "Daphnis et Chloé" di Ravel.

Recensione
classica
Béla Bartók
13 Giugno 2006
Comincia con un forte momento d'emozione, l'esecuzione del "Castello di Barbablù". Pierre Boulez, dal podio, prende la parola per dedicare il concerto a Ligeti appena scomparso: "Uno dei più brillanti eredi di Bartok". Poche parole, secondo lo stile sobrio di Boulez, ma sufficienti per scatenare un fragoroso applauso. E non è stato certo il solo momento intenso della serata. Il resto lo ha fatto la musica. Boulez dirige come parla: tutto è calcolatissimo, equilibrato, ridotto a gesti essenziali. Non ha bisogno di agitarsi per strappare un fortissimo dall'Orchestre de Paris, né deve fare un granché per imporre un pianissimo. La complicità è perfetta: l'Orchestre de Paris, in stato di grazia, risponde al minimo accenno. Ecco allora che abbiamo potuto approfittare, tanto in Ravel prima ("Daphnis et Chloé") quanto in Bartok poi ("Il castello di Barbablù") di una tavolozza di colori variegatissimi, dal pianissimo soave al fortissimo barbaro. Senza contare che questa orchestra non è solo un'armata compatta, ma anche una somma di eccellenti solisti: basta sentire i fiati nei tanti assolo. Ovviamente, all'emozione hanno contributo anche i due cantanti solisti: Peter Fried e Jessye Norman. Certo il soprano americano tradisce qualche leggera perdita di volume, ma resta magistrale grazie ad un colore inconfondibile della voce. Degnamente al suo fianco, ha pure trionfato il tenebroso Fried, perfettamente inquietante. In tanti hanno fatto del loro meglio per regalare al pubblico dello Châtelet una serata difficile da dimenticare.

Direttore: Pierre Boulez

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